25 febbraio 2025
È COSÌ CHE SI SALVA MILANO? (fine)
Il (nuovo) rito ambrosiano
Su quanto stava avvenendo a Milano si usa l’espressione “rito ambrosiano”. Nella vicenda in esame, le interpretazioni degli uffici urbanistici comunali sono state in parte formalizzate, come sopra accennato, già a fronte delle prime denunce ed inchieste, con la Circolare n° 1 del 21 luglio 2023 “interventi edilizi con edifici di altezza superiore a 25 metri”, che sostiene la piena validità della legge regionale n° 12/2005, laddove autorizza i Comuni a disciplinare nei Piani di Governo del Territorio i casi di obbligo di successivi Piani Attuativi (Particolareggiati o di Lottizzazione), prescindendo implicitamente dalle prescrizioni della Legge Ponte in materia di altezza superiore a 25 metri [1] :
Valutazione che evidentemente prescinde da quanto da noi esposto nel precedente paragrafo, in cui richiamiamo in proposito l’art. 103 della legge regionale n° 12/2005; ma ancor di più prescinde dagli orientamenti costanti della Corte Costituzionale riguardo al valore vincolante per le Regioni della Legge Urbanistica nazionale: come ben riassunto anche nel Decreto del Giudice per le Indagini Preliminari del 22 gennaio 2024.
Decreto in cui si rammenta tra l’altro che la Circolare Comunale “non ha valore di fonte del diritto né di interpretazione autentica di norme statali”.
Al di là degli aspetti giuridici emerge da questi orientamenti, esplicitati dai dirigenti comunali nella Circolare n° 1/2023, una scelta di fondo dell’Amministrazione Comunale milanese di privilegiare il “fare”, la snellezza procedurale, modernizzare la città, forse portare nelle casse comunali meno soldi, ma tutti e subito; ciò anche a scapito del controllo e della partecipazione, in qualche modo incardinati invece nella opposta strada dei piani particolareggiati.
Successivamente, a fronte dell’incedere delle inchieste giudiziarie, nel gennaio del 2024, con una nuova circolare degli uffici n° 4 del marzo 2024, il Comune di Milano ha assunto una linea più prudente, ridefinendo i casi di applicazione delle interpretazioni suddette.
L’articolo di Alessandro Balducci su “La Repubblica” del 14 dicembre9 racconta efficacemente questa prassi nel suo divenire storico in ambito milanese
GRIMALDELLO PARLAMENTARE: UNA “INTERPRETAZIONE AUTENTICA”, CHE “NON È UN CONDONO”, MA PEGGIO. EFFETTI INCERTI, PERVERSI E PERVASIVI
Con il significativo apporto del Partito Democratico alla maggioranza di Destra-Centro, più centristi minori (e invece il dissenso di Alleanza Verdi-Sinistra e del Movimento 5 Stelle), la Camera dei Deputati ha approvato un apposito Disegno di Legge (ora in attesa di conferma in Senato) di carattere “interpretativo” che interviene sulle norme sopra illustrate con effetti sia sul passato (e sulle procedure giudiziarie in corso) sia sul futuro.[2]
Si profila in sostanza da parte della maggioranza di destra un utilizzo politico del bisogno di “Salvare Milano” da parte del PD, che ha come posta in palio il via libera a ulteriori deregulation a scala nazionale.
Per quanto riguarda le ‘torri’, il DdL n°1987:
Con una differenza significativa: la Circolare derogava dalla norma in caso di “singoli edifici …” ribadendo che “… Sarà, invece, necessaria l’approvazione preventiva dello strumento esecutivo, qualora si tratti della sostituzione di gruppi di edifici”; il testo Salva-Milano estende la deroga a tutti i casi “di sostituzione, previa demolizione, di edifici esistenti in ambiti edificati e urbanizzati”.
Qui senza l’alibi di precedenti Circolari Ministeriali e – in verità – per la Lombardia ad abundantiam rispetto alla Legge Regionale n° 12/2005, che già aveva sollevato i Comuni lombardi da tale obbligo, come sopra evidenziato.
Ed anzi il precedente di un esplicito intervento legislativo in tal senso da parte della Regione Lombardia (con il silenzio-assenso del Governo) indica quanto poco in materia si parlasse di diverse interpretazioni, così da giustificarne ora una ‘più autentica’.
Per quanto riguarda le demolizioni/ricostruzioni, il DdL n° 1987 perfeziona la deregulation del 2013 (con effetti retroattivi fino a tale data), classificando come “ristrutturazione” qualunque intervento di sostituzione edilizia, anche con ampliamenti ed in totale difformità rispetto alle costruzioni preesistenti.
Pare interessante osservare che la strada scelta dalla Camera dei Deputati, differisce notevolmente dall’impostazione esplicitata dal Comune stesso, che come sopra riportato si appoggiava invece sulla presunta prevalenza della Legge Regionale: perché ripescando, nei contenuti la Circolare Ministeriale del 1969, dà valore di principio alla norme contenute nel Disegno di Legge, e ribadisce il primato della potestà legislativa dello Stato.
È da notare che, pur essendo il testo finale della Camera concordato anche con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), non risulta che la modifica legislativa sia stata preceduta da una adeguata consultazione per verificare la ricorrenza o meno di simili problematiche in altri luoghi, con una rassegna anche delle impostazioni assunte in proposito da altre amministrazioni, comunali e regionali.
La Segretaria regionale del PD, onorevole Silvia Roggiani 10, ha difeso il provvedimento SalvaMilano, dopo aver retrodatato al 1942 le norme da ‘interpretare’, affermando “Questo non è un condono perché un condono si ha quando si infrange la legge. Qui invece i funzionari hanno agito nella convinzione di rispettare le norme, anche con sentenze positive del TAR”.
A parte l’aspetto soggettivo della “convinzione dei funzionari”, i possibili dubbi derivanti da divergenti sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali, per prudenza avrebbero dovuto spingere i Comuni interessati a chiedere ai Legislatori un chiarimento univoco anziché procedere comunque con presuntuosa certezza, ci sembra opportuno precisare che la trovata dell’interpretazione autentica porta agli stessi effetti di un condono sotto il profilo giudiziario, con la tendenziale estinzione di processi e pene, ma differisce in peggio sotto i seguenti aspetti:
Nel caso, auspicabile, di un profondo ripensamento del Salva-Milano al Senato ed in assenza di un condono, in apparenza più ripugnante, ma risolutivo, resterebbe il gravoso problema del destino dei fabbricati sotto inchiesta, più o meno compiuti, ed in parte anche del risparmio investito da ignari acquirenti (ancor più complessa è la faccenda delle responsabilità penali e contabili personali di costruttori, progettisti, funzionari e dirigenti): è in questa direzione, a nostro avviso, che il Parlamento dovrebbe esercitarsi positivamente, con una visione non limitata a Milano; ad esempio allargando le maglie della cosiddetta ‘giustizia riparativa’ introdotta timidamente dalla recente riforma Cartabia, e cioè con oneri a carico dei responsabili penali.
In tal senso ci pare interessante, anche se non semplice, il percorso proposto da Luigi Corbani 12 – già Vice-Sindaco comunista negli anni ’80 – attraverso l’annullamento dei permessi di costruire (oppure autocertificazioni equivalenti), che risultassero illegittimi, ed il successivo rilascio in sanatoria (in quanto non contrastanti con il Piano di Governo del Territorio), ricostruendo i passaggi mancati dei Piani Attuativi e soprattutto i loro elementi sostanziali (al di là del disegno progettuale, probabilmente non più modificabile), e cioè la quantità di cessioni al Comune (o almeno il convenzionamento per usi pubblici e sociali) di aree e/o alloggi, anche localizzati altrove, e l’insieme degli importi da versare alle casse comunali.
La questione degli interessi diffusi da parte di singoli acquirenti, probabilmente non consapevoli delle complesse questioni in gioco, oltre ad essere in sé una problematica sociale, rischia di essere strumentalizzata politicamente.
Nel caso invece di successo dell’operazione di salvataggio del ‘rito ambrosiano’ (e di salvataggio politico della Giunta Sala), per parte nostra[3] non siamo in grado di valutare quale sarà l’impatto effettivo del SalvaMilano, soprattutto nelle varie declinazioni locali: perché in realtà nell’immediato il libera-tutti sarebbe operativo per le ricostruzioni ‘infedeli’, mentre per le ‘torri’ vale solo dove i Piani Comunali Generali (variamente denominati) consentono già altezze superiori a 25 metri o densità superiori a 3 m3/m2: ed in entrambi i casi (ricostruzioni e torri) Regioni e Comuni volonterosi, se già non lo stanno facendo, possono frapporre qualche argine, limitando comunque a priori volumi, densità ed altezze massimi edificabili.
Ma il ‘Salva Milano’ indica una direzione di marcia che fa presagire il peggio sulle successive decisioni parlamentari in materia di risparmio di uso del suolo e di rigenerazione urbana, come fa temere la dichiarazione del senatore PD Mirabelli: “… è una norma che chiarisce come, quando si interviene sul costruito, ristrutturando o sostituendolo, non sono obbligatori i piani particolareggiati …. Molte città hanno operato in questo modo per semplificare e incentivare gli interventi sull’esistente, combattendo il degrado, evitare nuovo consumo di suolo e modernizzando il patrimonio edilizio”. 13
Sono i temi affrontati nella recente recensione 14 all’ultimo libro di Giancarlo Consonni, così come nel suo testo: con indirizzi decisamente opposti per ‘salvare le città’ (e non per salvare l’urbanistica o gli urbanisti, e nemmeno i funzionari comunali).
E soprattutto ci sembra grave che tale indirizzo sia per l’appunto avvallato dal Partito Democratico, perché così si va a privilegiare un rapporto privatistico tra costruttori, progettisti e uffici comunali, sottraendo progetti importanti di trasformazione della città al controllo e al confronto pubblico negli ambiti istituzionali (giunte e consigli comunali) e con i cittadini ed i comitati, i quali altrimenti di fatto verranno a conoscenza dei nuovi progetti edilizi solo a cantieri impiantati.
In proposito, proprio la vicenda milanese in esame mostra come una corretta impostazione del confronto pubblico in fase di progettazione potrebbe prevenire conflitti con i “comitati” e interventi giudiziari.
Si apre pertanto un divario tra due concezioni dell’urbanistica: l’una punta su una ‘efficienza amministrativa’ che mal cela il fastidio verso il controllo e la voglia di rimuovere ‘lacci e lacciuoli’, già cara alla destra; l’altra che invece ritiene imprescindibili i valori partecipativi della democrazia, soprattutto riferiti alla qualità urbana e territoriale.
I PRINCIPALI COMMENTI
Tra i commenti critici, oltre agli Autori che già abbiamo citato (Alessandro Coppola, Elena Granata, Arturo Lanzani, Antonio Longo 1 cui si è aggiunto su “Arcipelago Milano” in termini più sfumati Pietro Cafiero 15) ed a tutto il recinto dei “Comitati”, di cui è più scontato lo schieramento (vedi ad esempio Paolo Pileri 16 su “Altra Economia” e su “Salviano il Paesaggio”), in parte anche preconcetto, ci sembra interessante, perché proviene dall’interno del PD, l’articolo su “Domani” del professor Giovanni Caudo 17, già Assessore a Roma.
Su questo fronte da subito Giancarlo Consonni 18 (su “La Repubblica”) e Fabrizio Schiaffonati (con altri Autori, sulla rivista digitale UCTAT 19). E “da sempre” Sergio Brenna.
Dopo la pubblicazione del testo approvato alla Camera, si è mobilitata la S.I.U., Società Italiana degli Urbanisti, 20 associazione presente soprattutto in ambito accademico, che paventa soprattutto le conseguenze sul resto d’Italia; testo analogo, che ha suscitato più attenzione, per la firma di illustri intellettuali, l’appello dei 140 professori di diverse discipline, tra cui Salvatore Settis e Tomaso Montanari. 21
A seguito di tale appello, si è ampliato il confronto sull’argomento, che è divenuto materia di scontro politico a livello locale e nazionale.
Non ci sembra che le dichiarazioni dell’Assessore Tancredi 22 – già dirigente degli uffici urbanistici comunali – su “La Repubblica” il 3 gennaio 25) aggiungano molto alle posizioni già espresse in ambito comunale in favore del Disegno di Legge, con in più un po’ di retorica sulle Olimpiadi, mentre si commentano da sé la supponenza di affermazioni quali: “Resto perplesso da questi urbanisti o presunti tali….che spuntano fuori solo in questo momento”
Si constata invece dalla parte favorevole la discesa in campo, apparentemente compatta dell’Ordine degli Architetti di Milano; favorevoli più ovviamente i costruttori 23 (il testo che segnaliamo include anche un utile riassunto della versione iniziale del provvedimento, presentata da parlamentari del centro-destra. Vedi sopra NOTA H).
Più “conciliante” risulta la posizione del Presidente della sezione lombarda dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, Marco Engel 24 che su “La Repubblica”, pur auspicando tempi migliori, finisce per avallare il provvedimento parlamentare (come fa più diffusamente in pari data sul sito dell’INU nazionale 25).
Ciò a fronte di una chiara presa di posizione, contraria al provvedimento, da parte dell’INU [4]a livello nazionale, già in fase di audizione alla Camera dei Deputati, e come ribadito nella Dichiarazione del 3 dicembre 2024 da parte del Presidente Talia 26 [5](sul sito INU rilevante anche l’intervento del Presidente della Biennale Spazio Pubblico Pietro Garau 27).
Anna Vailati – Aldo Vecchi
Alle pagine seguenti appendice e fonti
APPENDICE
PRINCIPALI NORME E PROVVEDIMENTI RICHIAMATI IN QUESTO ARTICOLO:
Fonti:
anche su “Domani” del 16 dicembre 2024
https://www.genteeterritorio.it/salva-milano-lettera-appello-al-legislatore/
https://quotidiano.repubblica.it/edicola/searchdetail?id=http://archivio.repubblica.extra.kataweb.it/archivio/repubblica/2025/01/03/tancredi-lok-al-salva-milano-e-un-atto-di-responsabilitaMilano01.html&hl=&query=tancredi&field=nel+testo&testata=repubblica&newspaper=REP&edition=nazionale&zona=sfoglio&ref=search
[1] “Si ritiene infatti che la L.R. 12/2005 disapplichi legittimamente il DM 1444/68 e l’art. 41 quinquies della L. 1150/1942 nella parte in cui assoggettano a pianificazione attuativa gli interventi che determinano il superamento dei 25 mt. di altezza degli edifici. Tale disapplicazione – riguardando una norma a valenza procedurale e di dettaglio, appare infatti coerente con il riparto della potestà legislativa tra Stato e Regioni in materia di governo del territorio di cui al Titolo V della Costituzione, che riserva allo Stato la sola legislazione riguardante i principi fondamentali della materia.”
[2] La gestazione del disegno di legge è passata da una proposta convergente 23 dei partiti di maggioranza che si limitava a stabilire nuove norme permissive per il futuro, offrendo come soluzione per il contenzioso aperto a Milano i soli effetti penali del principio “pro reo”, che esclude in generale di processare per reati non più contemplati dalla legge (come avvenuto di recente per l’abuso di atti di ufficio): non risolvendo appieno però gli aspetti amministrativi. Il testo approvato dalla Camera è frutto di un decisivo emendamento proposto dal Partito Democratico.
[3] Nel merito delle conseguenze operative per la generalità dei comuni italiani, il documento di Coppola-Granata-Lanzani-Longo, che si intitola “Necrologio per l’urbanistica?” 1 paventa pesanti conseguenze generalizzate; in questo senso riportiamo anche il seguente giudizio di Alessandro Delpiano (sopra citato 7), : “…si tornerà a costruire palazzine, palazzoni e grattacieli direttamente, senza alcun progetto di città, senza l’obbligo di servizi pubblici, di verde, di parcheggi, al fine di massimizzare il guadagno per gli investitori, e cioè per i grandi fondi finanziari … oltre che per quel sottobosco di riciclaggio di origine mafiosa”.
[5] Michele Talia è tornato più diffusamente sull’argomento con l’articolo “PER USCIRE DALL’ANGOLO…” su “Urbanistica Informazioni” n° 318, pubblicato quando questo testo è ormai pronto da consegnare.
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