25 febbraio 2025

ALBUM O PLAYLIST?

L’evoluzione del concetto di album nell’era digitale


Copia di Progetto senza titolo (12)

Prima che le piattaforme di streaming musicale monopolizzassero le modalità di ascolto musicale, il progetto dell’album era al centro degli interessi nel mondo della musica.

Un’opera coesa, una narrazione sonora che raccontava una storia o un pensiero in modo complesso e organico.

Il fatto che per ascoltare la musica occorresse acquistare un disco e che il materiale audio a disposizione si limitasse a quello posseduto alimentava il meccanismo per cui l’ascoltatore si sedeva ad ascoltare un album dalla prima all’ultima traccia.

Tutto ciò ha portato anche alla nascita della più alta forma di stesura di un disco, ovvero il concept album, di cui sono ottimi esempi The Rise and Fall Of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie, in cui Bowie racconta la storia di Ziggy, rockstar immaginaria, e Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André, in cui vengono tradotti e rielaborati passi dell’Antologia di Spoon River.

Il valore letterario dei dischi, oltre a quello musicale, ha raggiunto così vette mai toccate prima.

Nei dischi popolari odierni, tra le caratteristiche che si possono notare all’ascolto sicuramente non c’è un alto valore letterario.

Purtroppo, il lessico utilizzato nei testi è povero e si limita ad autoreferenzialità dei cantanti. Non vengono esplorati temi interessanti o complessi e il monotematismo fa da padrone sul panorama discografico.

Nel mercato musicale, però, tutto è collegato. Questa decadenza artistica non è solo frutto dello scarso impegno intellettuale degli artisti, ma è correlata anche al fatto che l’ascolto del materiale musicale avviene per la quasi totalità dei casi tramite le piattaforme streaming, che propongono playlist personalizzate e code di ascolto basate su analisi algoritmiche dei brani più ascoltati dall’utente.

Gli album non sono più destinati ad essere ascoltati come opere nel loro insieme, ma svolgono la funzione di raccogliere al loro interno singoli di potenziale successo in collaborazione con altri artisti mainstream di spicco con l’obiettivo di fare quanti più dischi di platino possibili.

Anche i testi non hanno riferimenti o collegamenti tra loro, e l’ordine delle tracce avrebbe lo stesso senso anche se la scaletta venisse completamente rimescolata.

Quindi si può dire che gli album siano sostanzialmente delle playlist?

Direi proprio di sì, senza dubbio.

Quanti album di musica attuale vale la pena ascoltare dall’inizio alla fine se non la prima volta, non appena sono usciti?

Nessuno.

Le playlist ora hanno sottratto agli album il ruolo di protagonisti assoluti degli interessi musicali degli ascoltatori, arrivando al punto di annientare la sfumatura che divide le due cose.

In questo senso, il concetto di album potrebbe non sparire ma adattarsi, perché l’esperienza dell’album completo non è più la norma. Si potrebbe pensare che la velocità di fruizione della musica non sia per forza una privazione del valore artistico alla sua forma di espressione, ma che sia semplicemente un cambiamento dettato dalle oramai non più nuove comodità tecnologiche.

Ebbene, credo che invece sia un declino e una disgrazia per tutto ciò che riguardi la musica, che non dovrebbe limitarsi alla sola progettazione di un prodotto commerciale, che è comunque un’attività legittima, ma mantenere il valore di creazione.

Tommaso Lupo Papi Salonia



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