17 dicembre 2024
ARMONIA DAGLI SCARTI, DAL LABORATORIO DEL CARCERE ALLA CITTÀ
Le barche naufragate
17 dicembre 2024
Le barche naufragate
Quaranta gradini ci portano al Fienile della Fondazione Ambrosianeum, ultimo piano della Rotonda del Pellegrini, aperto al pubblico per la prima volta per ospitare una sezione della mostra fotografica legata al Progetto “Metamorfosi” della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, ideato da Arnoldo Mosca Mondadori in collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e insignito della medaglia del Presidente della Repubblica.
La mostra, dal titolo evocativo “IL PORTO CHE NON C’E’”, è stata curata, stampata e allestita da Galleria l’Affiche. La nostra guida è la fotografa Margherita Lazzati, che ha operato all’interno del Laboratorio di lettura e scrittura creativa nella Casa di Reclusione di Milano Opera e ha potuto fermare nei suoi scatti i legni dei barconi dei migranti provenienti da Lampedusa, che hanno trasportato uomini, donne e bambini, che a volte hanno trovato la salvezza, a volte la morte.
Si tratta per lo più di imbarcazioni piccole, lunghe da sei a otto metri e non abbiamo neppure idea di che cosa si possa provare ammassati a decine lì sopra, in balia del mare, con sacchi neri come impermeabili e camere d’aria come salvagente. Margherita documenta il disfacimento delle piccole barche, ammassate nella rimessa del carcere come in un cimitero e porta il nostro sguardo sui resti di umanità, indumenti e documenti, ritrovati nei pozzetti.
“Perché su quella barca c’erano loro e non mio figlio?” “ E perché in carcere ci sono loro, e non io?” Arnoldo avverte prepotente il bisogno di abitare questi interrogativi, di non girare la testa dall’altra parte, di provare a mettersi “nelle scarpe degli altri”. Soltanto così si può dare un contributo a trasmettere il valore del rispetto di chi è più fragile, a rafforzare la cultura civica e a compiere un tirocinio costante di democrazia.
Di solito le barche dei migranti vengono distrutte e smaltite come rifiuti speciali. Dal 2021, invece, inizia un’avventura straordinaria e unica: grazie al Progetto “Metamorfosi” ben cento barche provenienti da Lampedusa vengono caricate su tir con doppio rimorchio e approdano alla Casa di Reclusione di Opera, ove trovano accoglienza grazie alla disponibilità dell’allora Direttore Silvio Di Gregorio.
Nel laboratorio di liuteria del carcere alcuni detenuti, guidati da un maestro liutaio, cominciano a spogliare le barche dai fasciami di legno che ricoprono lo scheletro degli scafi e viene realizzato il primo Violino del Mare, con un lavoro artigianale di circa cinquecento ore. Nel corso dei mesi nascono da quelle barche altri tredici strumenti a corde con i colori originali, strumenti per l’“Orchestra del Mare”.
Le quattro metamorfosi da tronco a barca da pesca, quindi traghetto di migranti e, oggi, strumento musicale sono raccontate in “Memoria del legno”, breve racconto di Paolo Rumiz , che ha dato voce a questo legno povero, proveniente dall’Azobè, albero dell’Africa equatoriale, detto anche legno di ferro, perché resiste agli insulti del tempo.
Il legno, che ha portato su di sé il dolore dell’umanità migrante, rinasce così a nuova vita, da scarto diventa legno di speranza e di poesia, strumento musicale, che canta con la voce di tutti coloro che sono rimasti sepolti sui fondali o che sono stati respinti, e che chiede perdono per negrieri e necrofili, e per quelli che hanno dimenticato di avere avuto dei padri emigranti, come ha affermato il Maestro Riccardo Muti in occasione del concerto- preghiera presso il Teatro naturale della cava a Lampedusa.
Il suono di questi legni sorprende tutti, dai liutai ai reclusi, dai collaboratori del Progetto, dai musicisti ai direttori d’orchestra: Nicola Piovani crea la composizione originale «Canto del legno», suonata con il prototipo di violino davanti a papa Francesco e dall’Orchestra del Mare sul palcoscenico Teatro alla Scala.
L’armonia degli strumenti fa immergere il pubblico in un paesaggio sonoro dolce straordinariamente suggestivo, quasi barocco, che rievoca il dramma dei migranti naufragati e vibra contro ogni pregiudizio, atteggiamento di chiusura e razzismo.
Le note portano con sé l’eco dei suoni di una terra abbandonata per andare in cerca di un futuro migliore, del mare in burrasca, mischiato ai singhiozzi del pianto e alle grida disperate di chi non ce l’ha fatta.
Un omaggio potente alle vittime del naufragio di Cutro – enorme tragedia che ha visto il Mediterraneo come cimitero di speranze negate e non come il mare dell’incontro di culture; un invito a moltiplicare anche le opportunità per le persone ristrette in carcere, che hanno il diritto di non subire lo stigma della de umanizzazione e di ritrovare autostima e speranza attraverso il lavoro, nella prospettiva di un rientro attivo in società.
Un appello, inoltre, – come ha sottolineato Fabio Pizzul, che ha coordinato il seminario “Metamorfosi. Come custodire l’umano[1]” – a proseguire la ricerca di restituire un nome alle vittime del mare, che nel settanta per cento dei casi sono sepolte nell’anonimato, lasciando i familiari nel tormento, senza verità. E’ questo il prezioso lavoro di umanità e contro la scotomizzazione dei diritti dei migranti e delle loro famiglie, condotto da Cristina Cattaneo nel Labanof Laboratorio di Antropologia forense dell’Università di Milano[2], accanto al lavoro altrettanto prezioso di formazione degli operatori che fanno assistenza in contesti di emergenza e lavorano su traumi e fattori di rischio, coordinato da decenni da Cristina Castelli attraverso l’Unità di Ricerca sulla Resilienza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore[3].
Come dice il sottotitolo di un Laboratorio della Casa di Reclusione di Milano Opera “SOGNI”, ognuno deve cercare di leggere il proprio futuro tra carcasse di sogni, perché siamo tutti un po’ migranti, come ha affermato il Presidente Mattarella nel suo viaggio in Brasile-.
Ora vi lascio alle immagini del cortometraggio, presentato al Festival del Cinema di Venezia, che racconta il progetto “Metamorfosi”.
Rita Bramante
[1] Fondazione Ambrosianeum. Sala Falk e Fienile, Milano, 23 novembre 2024
[2] C. CATTANEO, Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo, Raffaello Cortina Editore, 2018
[3] C. CASTELLI, Resilienza e creatività. Teorie e tecniche nei contesti di vulnerabilità, Franco Angeli, 2019