3 dicembre 2024

IL PANETTONE DAL BRASILE E I LIMONI AFRICANI

Stravaganze natalizie


Copia di beltrami3 (7)

Se l’immigrazione e l’integrazione sono un problema sociale, il cibo degli italiani mette tutti attorno al tavolo comune dell’internazionalizzazione. Una integrazione mal esplicitata, o addirittura nascosta, che non dice che il maggior produttore al mondo di panettone industriale è un’azienda brasiliana (se pur con origini italiane, la Baducco, una multinazionale con 140 filiali in 40 Paesi del mondo) seguita a ruota dal peruviano Panetón D’Onofrio.

Il Perù è il secondo consumatore mondiale di panettone, apprezzato non solo durante le festività ma lungo tutto il corso dell’anno. Dal Brasile vengono sfornate ogni anno 200mila tonnellate di prodotti che raggiungono le tavole di mezzo mondo. Si tratta però di un panettone industriale, venduto attorno ai 4,50 euro/Kg, spesso, in fatto di qualità, solo un lontano parente di quello artigianale. Industriale e artigianale: le differenze.

Se il panettone industriale si caratterizza per un prezzo di fascia medio-bassa, una conservazione di quasi 12 mesi e una lista di ingredienti a volte discutibile (presenza di sciroppi di zuccheri, emulsionanti degli acidi grassi), quello artigianale è tutto l’opposto e oggi può essere suddiviso in prodotti da forno e da pasticceria con prezzi medi rispettivamente di 30 euro/Kg e 50-60 euro/Kg.

l primi sono di natura più austera e tradizionale con ingredienti normati per legge (Gazzetta Ufficiale 1/08/2005 n°177): farina di frumento, zucchero, uova di gallina categoria A, burro da creme di latte vaccino, uvetta e scorze d’arancia minimo 20%, lievito naturale e sale. Viene data anche la possibilità di aggiungere altri ingredienti naturali: latte e suoi derivati, miele, malto, burro di caco e zuccheri, oltre ad aromi ed emulsionanti.

Ovviamente, dovendo durare diversi mesi, il panettone industriale può, o meglio, deve contenere alcuni conservanti come acido sorbico e sorbato di potassio (che rendono il panettone meno digeribile).

Se il panettone artigianale gode anche di un apposito disciplinare “panettone tipico della tradizione artigiana milanese”, approvato dal Comitato Tecnico dei Maestri Pasticcieri Milanesi, quello di pasticceria non conosce invece alcun limite di ingredienti e viene prodotto, a causa della sua scarsa conservabilità, in un periodo di tempo piuttosto limitato (generalmente dopo Sant’Ambrogio). Si tratta quasi sempre di una esplosione di creatività e ingredienti locali o esotici a seconda dell’estro dell’ideatore.

All’esterno può essere ricoperto con frutta e glasse o addirittura d’oro, la farcitura interna non conosce limiti: dal caramello al gin, dai funghi, a radicchio, cipolla e zafferano, all’aceto balsamico, fino ai salumi come ‘nduja e capocollo. Del panettone della tradizion rimane, per ora, solo la forma a cupola.

Estro negli ingredienti ed esclusività del packaging hanno però un prezzo salato. Ne è un esempio il panettone creato da Iginio Massari, il maestro pasticciere che propone il suo “panettone al Cioccolato e Lampone” definendolo un “innovativo soffice impasto al cacao, arricchito con gustose pepite di cioccolato fondente e al latte e da lamponi canditi” a 60euro + spedizione. Ma si tratta quasi di un prezzo popolare, di gran lunga superato dalle esclusive creazioni della pasticceria Marchesi 1824, in Galleria a Milano, dove un panettone decorato a mano supera i 500euro mentre il panettone Milanese classico, proposto in confezione regalo in velluto e interni in seta jacquard bouquet, è offerto all’esclusiva cifra di 748 euro (in caso però di acquisto on line, la spedizione è gratuita).

Per il Natale 2024 si registra anche il trionfo delle “special edition” e dei grandi formati “Magnum” fino a 5 Kg, e “Maximus” da 10.

Gli altri modi di dire panettone

Se il panettone classico non evoca più la sola Milano ma è divenuto una ricetta globale, un’artigianalità capace di oscurare specialità locali altrettanto tradizionali dei territori italiani come il Pandoro veronese, il Panforte toscano, il Pan dôçe di Genova (risalente al 1600), il Pangiallo laziale (nobile dolce della Roma Imperiale), la Gubana friulana, il Panpepato di Terni e i Cavallucci di Apiro marchigiani.

E, sempre in tema di panettoni natalizi, è doveroso segnalare i panettoni solidali che si caratterizzano per finalità sociali come quello di PizzaAut (gestito a Monza da ragazzi autistici) e di Amnesty International: qui più che di ingredienti e di gusto si parla di sostegno e aiuti per la difesa dei diritti umani.

Narrazione sovrana.

I prodotti alimentari che, numerosi, caratterizzano l’Italia (dalla pasta alla pizza, dai tortellini ai vini) sono spesso argomento di libri, riviste, social e programmi TV, ma in questo periodo di festività ne divengono i protagonisti assoluti.

Mercati, gastronomie e supermercati diventano luoghi di culto da visitare con cadenza quotidiana in cerca di cibi che più che nutrire devono abbellire le tavole e sopratutto stupire per una magnificenza fotografabile e instagrammabile.

Il cibo di oggi, in un mondo popolato da 8 miliardi di persone, più che di ingredienti locali e tradizione è frutto di una narrazione che racconta di mulini candidi e immacolati, campi e allevamenti sereni e rigorosi a cielo aperto, ricette tradizionali.

È però solo un racconto in cui si favoleggia di un mondo irreale. In quello vero, ci sono fabbriche e non mulini, navi zeppe di container che trasportano nel nostro Paese i pomodori dalla Cina e i limoni dall’Africa, campi con diserbanti e pesticidi, allevamenti intensivi (gabbie e vasche con mangimi di sintesi e antibiotici). Un mondo dove a cucinare non sono più le nonne, o i genitori, dentro mura domestiche, bensì aziende che hanno come scopo prioritario non nutrire ma fare profitti, spesso ignorando qualità e salubrità dei loro prodotti.

Alla fine di questo viaggio di scoperte gastronomiche si può affermare che l’uomo non ciò che mangia, ma ciò che narra.

Oggi, a causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento demografico, il cibo, quello vero, sarà sempre più merce rara (a proposito: la tazzina da caffè al bar potrà raggiungere presto i 5 euro a causa della crisi climatica che ha colpito i due più grandi produttori mondiali, Brasile e Vietnam), disponibile unicamente per fasce di popolazione benestanti.

Non è un mistero come anche nel mondo del food la forbice della diseguaglianza sia sempre più larga, e non si tratta solo di una questione di differenza di prezzo e di gusto: c’è di mezzo anche la salute. Ingredienti artificiali come conservanti e coloranti, edulcoranti e grassi ad alta saturazione concorrono ad elevare il rischio della comparsa di patologie metaboliche, colesterolo e diabete, che peggiorano la qualità e l’aspettativa di vita (è noto come i junk food siano tra i maggiori responsabili dell’obesità).

Certo il panettone industriale è un cibo occasionale da ricorrenza e ha responsabilità limitate, ma è la cultura del fast, dell’all you can eat e del sottocosto a nuocere alla salute.

Questo non significa che i panettoni gourmet stellati siano la scelta ideale (lo sono limitatamente a lavorazione e ingredienti): è invece auspicabile che il pane di Natale torni nelle botteghe dei fornai, e sia lavorato con gli ingredienti della tradizione (oggi del disciplinare).

È così che è nato, a Milano, il pan dal Tögn. Era l’anno 1599.

Marco Ceriani

Food Hero

@grancerian

 



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