19 novembre 2024
TAXISTI A SINISTRA
Brumisti e taxisti, storiche battaglie. I taxisti rimangono sulle barricate
19 novembre 2024
Brumisti e taxisti, storiche battaglie. I taxisti rimangono sulle barricate
“La giunta ha relegato tra le viete tradizioni borghesi il concetto che la cosa pubblica debba essere amministrata nell’interesse della collettività, per seguire la pratica che il potere debba servire per beneficiare gli amici, i compagni di fede, le clientele elettorali. Così a questi vanno accordate tutte le preferenze…se pur non si arriva, come in qualche caso, a consegnare senz’altro il servizio pubblico alla categoria di lavoratori interessata, perché ne usi a suo piacimento e secondo il suo particolare interesse. Il sistema, usato anche dall’Amministrazione precedente ma con qualche discrezione …Milano, va diventando, per molti servizi pubblici, peggio di una piccola città o di una borgata di infimo ordine…”.
Un duro attacco alla giunta in materia di taxi pubblicato sul quotidiano più diffuso, che prosegue: “il regolamento ha riservato al comune la facoltà di limitare il numero di queste licenze…facoltà delicatissima, deve essere usata con molta misura e discernimento, con la considerazione assoluta ed esclusiva dell’interesse generale, al di sopra di ogni interesse di categoria…sennonché l’attuale amministrazione, nella concessione delle licenze, poco si è curata e si cura dei bisogni della città”.
Sala deve preoccuparsi? Non proprio perché l’articolo denuncia è del 1922 quando sindaco era Filippetti. Il problema era però lo stesso di oggi: il numero di licenze, solo con ruoli invertiti, l’amministrazione veniva accusata di tutelare gli interessi dei taxisti e in particolare quello delle cooperative contro gli “industriali” gli Umber del tempo. Il taxi era stato introdotto in città sostanzialmente in occasione dell’EXPO del 1906.
Non solo il comune era anche accusato di usare “riguardi alla benemerita classe dei brumisti (Fiaccheraio, vetturino di piazza delle carrozze a cavallo NDR) il cui servizio però era più caro ma secondo il Corriere per il palazzo Marino “gli interessi di categoria vanno rispettati anche se sono in contrasto con quelli della città”.
Peraltro tra brumisti e tassisti era polemica continua, finita anche in qualche scazzottatura, come durante lo sciopero dell’agosto del 1919, pur essendo entrambe le categorie schierate “a sinistra” ma i conduttori di autovetture aderenti alla Camera del Lavoro, i brumisti all’Unione sindacale.
Vi era poi il problema dei disservizi come la mancanza di automobili pubbliche e carrozze la sera, infatti, scrive sempre il quotidiano “è noto che il servizio non c’è alla sera perché i conducenti non vogliono farlo: è un servizio incomodo e tanto peggio per la cittadinanza…invece di stare al posteggio se ne vanno all’osteria…chi arriva in stazione carico di valigie e non trova vetture può imprecare quanto crede, il vetturino ha guadagnato abbastanza.”
I toni era durissimi una nota degli industriali rilevava “come l’autorità comunale favorisca in modo arbitrario ed illegale gli scioperanti e i brumisti: “a Milano le distanze sono ormai tali, che chi ha fretta si trova servito assai malamente dalle vetture a cavallo”, secondo gli industriali “il comune mina la libertà di lavoro a quanti hanno, rivestendo i voluti requisiti, diritto di poter fare servizio alle dipendenze dei proprietari, mina la scelta del personale da parte dei proprietari”.
La vertenza provoca uno sciopero nella primavera del 22 contro le richieste degli industriali, che dura diverse settimane coinvolgendo oltre ai brumisti solidali con gli scioperanti anche i tramvieri che in una assemblea alla Camera del Lavoro vengono chiamati ad atti di solidarietà “che il proletariato milanese dovrà dare alla categoria degli chauffeurs”.
Ovviamente lo sciopero dei tassisti, la solidarietà dei brumisti e dei tramvieri si inseriva nel quadro politico dell’epoca così i crumiri o per meglio dire gli autisti aderenti al sindacato fascista, circa 130, proposero nel marzo del 22 di “ porre un uomo armato in aiuto dello chauffeur…Ma il questore è intervenuto ed ha convinto i fascisti a desistere dal proposito assicurando che l’incolumità personale (vi erano stati molti scontri fisici tra scioperanti e krumiri NDR) e la libertà di lavoro dovevano essere e sarebbero state , difese dall’autorità”.
Sassaiole vi furono in via Ciro Menotti, in Gustavo Modena, al Loreto, a Porta Ludovica, macchine furono rovesciate, autisti buttati nel Naviglio. Tra alterne vicende lo sciopero continuò trasformandosi sempre più in uno scontro tra scioperanti socialisti appoggiati dal comune e sindacato fascista che nel luglio provocò diversi scontri a fuoco.
Nell’agosto la vertenza si somma allo sciopero generale politico, lo sciopero legalitario e ne segue il sostanziale fallimento.
Il segretario del PNF Michele Bianchi lanciò un ultimatum al Governo dando 48 ore di tempo allo Stato perché dia prova della sua autorità in confronto di tutti i suoi dipendenti e di coloro che attentano all’esistenza della Nazione, viceversa ci avrebbero pensato le camicie nere.
Mussolini incita allo scontro contro gli scioperanti considerati dei traditori. Le violenze fasciste lasciarono uno strascico di case del popolo e sedi sindacali incendiate, di morti e feriti, (bisogna ricordare a proposito della sconfitta anche militare delle sinistre che gli squadristi erano spesso combattenti esperti e spregiudicati, abituati al fuoco delle “belle mitragliatrici”, che non è certo sarebbero indietreggiati davanti ad un intervento della sola forza pubblica con la quale peraltro operarono in perfetta armonia) ma anche portarono allo scioglimento ed al commissariamento di molti comuni.
La sera del 3 agosto i fascisti occupano Palazzo Marino, Gabriele D’Annunzio pronuncia il discorso Agli uomini milanesi per l’Italia degli Italiani e il prefetto Lusignoli scioglie il consiglio comunale e nomina il commissario. Il 27 agosto un decreto reale giustificò e legittimò il colpo di mano contro la giunta democraticamente eletta, motivandolo con il fatto che “questo enorme stato di cose (cioè la gestione Filippetti i) ha creato nella cittadinanza un risentimento che ha veduto la sua esplosione nei gravissimi incidenti del 3 agosto; e poi la calma, che si è ristabilita per l’abbandono di fatto delle funzioni da parte degli amministratori, sarebbe seriamente compromessa, è indispensabile, per grave ragioni di ordine pubblico, lo scioglimento del Consiglio comunale”, con Milano furono commissariati molti altri comuni della provincia e della regione.
Con il commissariamento si sancisce anche la sconfitta degli chauffeurs. La prova di forza fascista di garantire il servizio pubblico contro gli scioperanti è elemento non secondario della retorica mussoliniana.
Nel dicembre una commissione d’inchiesta nominata dal commissario stabilisce che la giunta ha favorito la Anonima cooperativa conducenti di automobili pubbliche costituita nel 1920 tra iscritti alla camera del lavoro che ebbe 100 concessioni per macchine con motore a scoppio e 10 con motore elettrico a danno della concorrente cooperativa di ispirazione fascista. Nei guai finisce l’assessore Raffaele Fiorio accusato di ogni nefandezza (finanziamenti illeciti, tangenti e quant’altro) ma mai processato; massimalista e segretario della federazione milanese Fiorio verrà arrestato nel marzo del 1923 nella sede dell’Avanti, poi ancora nel 1925 e nel 1931, bastonato nel 1926, spedito davanti al Tribunale speciale per attività sovversiva.
Nel 1923 i nuovi assessori Marchetti e Dallara revocano concessioni, riducono le tariffe, aumentano le licenze, cambiano i tassametri: è una punizione generalizzata per tutti i partecipanti allo sciopero.
Tra l’altro ne fecero le spese anche i brumisti a cui non fu consentito prima per ragioni “politiche” poi burocratiche di ottenere la licenza per condurre le autovetture; ancora nel 1951 erano autorizzate 6 vetture a cavallo in città e incredibilmente ancora nel 1978 va in pensione l’ultimo brumista che rilascia un’intervista in cui chiede il cambio della licenza da carrozza a taxi, non l’avrà.
Walter Marossi