22 ottobre 2024

IL PGT NON È PIÙ AFFARE PER URBANISTI

La fine annunciata del solipsismo milanese


Copia di beltrami 3 (12)

Nel leggere l’interessante libro di Francesco Rutelli Città vince, Città perde (Editori Laterza, 2024) presentato in Triennale l’11 ottobre scorso, la prima immediata sensazione  è che di fronte ai cambiamenti in corso e alle dinamiche economiche imposte dall’innovazione, il futuro delle nostre (piccole) città italiane sia in qualche modo segnato: solo l’industrializzazione della filiera turistica e di quella alimentare ci permetteranno di avere un ruolo preminente nel mondo facendo leva su di un patrimonio urbanistico infinito, tuttora largamente inesplorato nella sua vendibilità, e su di una cultura dell’alimentazione altrettanto unica, motivo non ultimo del successo di Expo 2015, che porta con sé prodotti e trasformazioni destinati ad alimentare offerta locale ed esportabilità.

Rutelli enumera una notevole quantità di dati che indica la direzione dell’innovazione che porterà allo sviluppo delle città future, non solo nei settori legati all’IA, per quanto nei prossimi anni vi si concentreranno i maggiori investimenti previsti, ma anche nel reshoring delle attività più tradizionali oggi delocalizzate in Oriente, avendo presente il nuovo e promettente mercato potenziale dell’Africa.

Tutto ciò chiede alle Città un ridisegno che in Europa si sovrappone a quello energetico, in particolare nelle modalità costruttive e nelle fonti, imposto dalla Transizione Energetica a fronte di un patrimonio edilizio obsoleto,  e della flessibilità richiesta dalle nuove dinamiche del lavoro, dell’immigrazione, dell’invecchiamento e, soprattutto, dal contrasto alla denatalità.

Questa visione allargata del mondo che cambia trova una sonnolenta Milano, a tutt’oggi la città più dinamica in Italia, impegnata a fertilizzare la crescita della propria rendita fondiaria senza nessun disegno espansivo, men che meno nei settori produttivi, perché ciò vorrebbe dire compiere l’atto più anti-Definettiano possibile: scavallare il proprio recinto daziario, la confort zone della Città senza altro territorio da annettere.

La natura circolare di Milano può essere letta, come per l’appunto fece de Finetti (Milano. Costruzione di una città, Hoepli 2002) come una storia di mura che costringendo lo sviluppo ne impongono l’abbattimento per ragioni economiche e demografiche: a oggi il muro fisico è diventato quello delle Tangenziali, peraltro avendo appena on gran fatica timidamente travalicato quello della Circonvallazione della 90-91,vero orizzonte delle attuali politiche di rigenerazione urbana del Comune.

PERCHÈ BISOGNA SOTTRARRE AGLI URBANISTI LA REDAZIONE DEL PGT MILANESE

Prima di tutto va sottratta al Comune di Milano, perché è evidente che la natura difensiva di tutte le sue politiche in tema ambientale, abitativo e trasportistico, contribuisce a scavare un solco ancor più profondo verso la città reale, che è quella metropolitana, a tutt’oggi attratta gravitazionalmente con cadenza giornaliera verso il suo centro iperservito e che determina inevitabili politiche punitive verso il pendolarismo grazie al combinato disposto di offerta di lavoro, incremento nel valore dei suoli e limitazioni agli accessi: di fatto Milano è percepita come matrigna cattiva dai milanesi metropolitani che la usano per vivere mentre vengono puniti e in qualche modo derisi dalla città a 15 minuti, quando loro ne impiegano dai 60 ai 120 solo per muoversi verso e dal luogo di lavoro.

Quindi sarebbe assolutamente ragionevole e democratico che per discutere e decidere di riassetto del territorio il tutto vada sottratto a Palazzo Marino e insediato a Palazzo Isimbardi.

Ma espugnato il Palazzo d’Inverno della rendita fondiaria impazzita, i primi che devono entrare a stabilire regole non sono gli urbanisti (premessa del titolo del presente provocatorio articolo) ma energetici e trasportisti, in una inversione dei ruoli tradizionali: il disegno della città passa dalle funzioni che non ci sono ancora (e dovrebbero esserci) e dalla griglia dei servizi.

LA GRIGLIA ELETTRICA E LA TAGLIOLA DELLA PRODUZIONE DI ENERGIA

Un’avvisaglia è già drammaticamente presente nello sviluppo dei Data Center che porteranno al raddoppio delle necessità elettriche in una città che già è soggetta ai black-out estivi per sottodimensionamento della rete e delle cabine di trasformazione: il processo di ‘mostruosizzazione’ nelle necessità di calcolo è nei fatti e la lontananza dei Data Center dai centri di utilizzo dei dati, attivi e passivi, è un nemico che ne ostacola la delocalizzazione: fatto sta che le domande attuali sono tutte entro la cintura delle Tangenziali 

Unico vero vantaggio è che la domanda elettrica serve ad alimentare e raffreddare i centri di calcolo, e come ricaduta abbiamo un caldo (quasi gratuito) che possiamo destinare a reti di teleriscaldamento di prossimità, come in effetti sta virtuosamente accadendo.

Unica consolazione vera è che nel futuro passaggio dalla trasmissione elettrica delle informazioni a quella basata sulla luce, gli attriti scompariranno e con loro la gran parte delle necessità odierne, ma siamo già nel lungo periodo keynesiano, quello in cui saremo tutti morti.

Per questo ad oggi abbiamo già disegnata una nuova cinta daziaria formata dei Data Center senza che nessuna autorità di regolazione e progetto abbia programmato alcunché, se non le solite quattro lasche prescrizioni su volumi e urbanizzazioni.

Già in questo futuro prossimo abbiamo un grande Convitato di pietra che è quello della produzione e distribuzione di energia che non può certo essere più demandata ad una griglia infrastrutturale obsoleta come la nostra e a una produzione da termovalorizzazione dei fossili non rinnovabili: che Piano ha sviluppato la Città di Milano per far fronte a questa domanda prossima? Nessuno, così come non lo aveva previsto per l’elettrificazione della produzione di energia termica o di trasporto e che solo l’attuale fermata del processo di transizione rende meno impellente ma non certo meno obbligatorio: chi raddoppierà le produzioni locali di energia elettrica per non dover triplicare le sezioni delle reti elettriche la cui produzione è lontana?

Al momento siamo color che son sospesi sull’argomento ma, e torniamo al nostro titolo, proprio le reti elettriche, la loro magliatura, le strutture fisiche di accumulo (acqua, meccanico, batterie) sono il primo passo nel ridisegno della città, con un impatto urbanistico sull’esistente e sulle direttrici di espansione urbana che detteranno i tempi della trasformazione e la sua effettiva realizzazione: segnalo ad ulteriore provocazione che ciò inevitabilmente porta a riconsiderare le produzioni localizzate come strategia vincente per diminuire i costi e le dimensioni richieste da tale raddoppio/triplicazione nei consumi elettrici e quindi l’inevitabile ricorso alla produzione di energia nucleare di prossimità, come peraltro il Mercato già si aspetta con lo sviluppo dei mini-reattori modulari che vedono fortunatamente anche l’Italia in prima linea progettuale e realizzativa.

LA GRIGLIA IDRAULICA E LE PICCOLEZZE MILANESI

La seconda rete che precede logicamente l’intervento urbanistico è quella legata all’uso e al convogliamento delle acque oltre l’attuale e ormai asfittico circolo acqua potabile-fognatura, finendo per coinvolgere anche la tutela del territorio oppresso dalle ricorrenti siccità e alluvioni, gli utilizzi energetici elettrici e termici nonché quelli meccanici con il ritorno alla circolarità nell’uso del bene acqua da cui nacquero i Navigli: queste infrastrutture modificano l’esistente e precedono lo sviluppo futuro rendendolo più conveniente e a impatto zero solo se progettate e governate sin da oggi, anche se da chi non è ancora dato saperlo perché al momento il frazionamento delle competenze, la mancanza di comprensione della complessità delle urgenze e le piccole gelosie di cattivo gusto tipiche della Pubblica Amministrazione tendono a conservare orticelli e alimentare piccoli futuri gozzaniani di cattivo gusto.

Le reti dati sono quelle a minor impatto dimensionale futuro, ma è evidente che proprio la loro disponibilità anche in luoghi remoti e distanti fornisce vantaggi competitivi ai futuri insediamenti riqualificativi: anche queste vanno progettate preventivamente.

LE RETI DEI TRASPORTI E LA GUERRA ALLA GOMMA

Ma l’impatto maggiore atteso è quello delle reti trasportistiche destinate a sopperire in forma forzatamente intermodale all’insopportabile traffico unidirezionale odierno: continuiamo a disegnare metropolitane secanti senza che nessuna Circle Line sia alle viste e senza che la necessaria integrazione fra trasporto urbano, regionale e nazionale sia all’ordine del giorno mentre ad esempio Parigi ha già cantierizzato e quasi terminato un sistema ferroviario moderno destinato a servire in modo funzionale l’intera area dell’Ile de France (12 mln di abitanti) mentre noi, con un bacino potenziale di oltre 5 mln di utenti, siamo ancora alle fasi dello gnè gnè tra ATM, Trenord e FS e i relativi azionisti senza riguardo alcuno all’utenza possibile, oggi affidata alla gomma nelle sue varie declinazioni.

PRIMUM VIVERE, DEINDE URBANIZZARE

Infine, prima di far mettere mano a ingegneri e architetti al vero PGT Necessario, si chiamino le Bocconi lombarde a far mente locale su quale reindustrializzazione sia possibile nelle aree milanesi: di mio posso garantire che turbine e pompe di calore (anticamente veniva definita termomeccanica) è un’industria in forte sviluppo e dove l’area milanese era da sempre leader in Europa. La forte tecnologizzazione nel comando e nel controllo delle macchine, unita alle competenze dei nostri Politecnici (Milano, Torino, Padova) rendono ragionevole prospettare un reinsediamento in tempi brevi di queste attività produttive.

Indichino altri Santagostino ulteriori tre o quattro comparti produttivi dotati di futuro cui occorra applicazione di studio e innovazione (specialità italica da sempre, oggi soggetta a necessaria emigrazione per mancanza di prospettive locali) e giunti a questo punto, avendo disegnato le mappe metropolitane (e oltre) con una magliatura razionale dei servizi e delle aree di sviluppo, le si faccia disegnare nei volumi edificatori necessari dagli urbanisti e quindi commentare dai cittadini per le opportune modifiche.

Allo stato attuale delle cose il disegno cittadino pare affare unicamente per i servizi finanziari-assicurativi e per quelli ricettivi destinati ai vari turismi che oggi sorreggono l’economia milanese i cui clienti principali, accanto agli sviluppatori immobiliari, sono diventati Booking e Airbnb dai quali il Comune dovrebbe aver  derivato nel mentre lautissime prebende vista la solerzia con cui accompagna la loro gestione della città, anche se tale voce nel bilancio del Comune è di difficile rintraccio, almeno per me.

Giuseppe Santagostino



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema







Ultimi commenti