22 ottobre 2024

IL GRANDE TORPORE 2: IL SISTEMA BANCARIO METROPOLITANO

L'abbuffata della finanza


Copia di beltrami 3 (11)

Dopo aver ricordato il grande torpore del sistema edificatorio metropolitano (vedi Arcipelago dell’1.10.2024) proviamo ad affrontare la questione del grande torpore del sistema finanziario.

Gli antecedenti del sistema finanziario metropolitano e lombardo, come è noto, sono più che nobili.

Rue de Lombard, Lombard street, fra le più importanti strade delle metropoli europee e statunitensi, ricordano al viaggiatore la supremazia della finanza lombarda nell’epoca preindustriale, quando il ‘lombard’ era  il saggio di interesse che veniva applicato ai creditori più solvibili. Nell’epoca dell’illuminismo troverà testimonianza nel trio Romagnosi, Cattaneo, Gioia, con l’intuizione del ruolo propulsivo della finanza come fattore moltiplicatore di ricchezza generata dall’agricoltura,  a dispetto della cultura anglosassone che la classificava come settore parassitario.

Una cultura che alimenterà gli investimenti finanziari nell’epoca industriale, che aggiungerà al valore propulsivo del rendimento economico, il valore redistributivo della finanza sociale, che troverà testimonianza nell’esperienza di banca solidamente radicata nel territorio che fu la Cassa di risparmio delle provincie lombarde.

Tale patrimonio di cultura e di esperienza in che modo è in grado di alimentare strategie adeguate per affrontare gli eventi dirompenti che investono ed investiranno il nostro paese, e, soprattutto, sarà in grado di supportare processi di rigenerazione metropolitana che investiranno la nostra metropoli?

Dall’osservazione del quotidiano della banca sotto casa il quadro è sconfortante.

Lo scenario infatti è dominato:

– dal prestito ‘forzoso’, ridicolmente sotto remunerato, che i cittadini devono fare alle banche in nome dell’anti riciclaggio;

– da provvedimenti di macro finanza quali il quantitative easing, che hanno concesso denaro a tasso agevolato al mondo finanziario senza un adeguato corollario di obiettivi e programmazione. Su questo vale il caso esemplare della prof. Mariana Mazzucato, ‘esonerata’ dal governo Draghi dopo la pubblicazione per il Governo italiano del rapporto strategico sulla gestione dei fondi PNRR “Missioni Italia: investimenti, innovazione e immaginazione”;

– dalla ben nota riottosità alla tassazione dei sovraprofitti.

Questo quadro ci restituisce l’immagine di un settore saldamente ‘chiuso nel proprio box’, rispetto al quale è da chiedersi quale sia il suo ruolo rispetto al processo di rigenerazione consolidato dagli accordi di Parigi sul clima e  rispetto ai processi di trasformazione tecnologica.

Sulla prima questione, sistema bancario e politiche net zero,  l’articolo “Le banche si sono impegnate a raggiungere l’obiettivo Net Zero, ma non sono sulla buona strada per raggiungerlo” (1) illustra un’interessante iniziativa del  World Research Institute (WRI): la realizzazione di un tracker online che illustra la propensione di un campione significativo di banche a soddisfare l’obiettivo “ emissioni net zero” entro il 2050.  Il WRI è consapevole dell’importanza del raggiungimento di tale obiettivo, che, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) è in grado di generare globalmente,  solo per l’energia pulita, investimenti per circa 4 trilioni di dollari l’anno entro il 2030. A questo devono aggiungersi gli investimenti per la ristrutturazione di sistema (dei trasporti, dei sistemi alimentari, dell’industria, delle spedizioni, ecc…).

Dato questo scenario, WRI ha ritenuto utile verificare il reale impegno delle banche, al di là delle dichiarazioni verbali di adesione agli impegni net zero, creando un tracker online  che analizza come stia progredendo nell’implementazione dei propri impegni un campione di 25 banche, composto sia da alcune delle più grandi banche internazionali,  fra cui le nostre Intesa S. Paolo e Unicredit, sia da aziende più piccole che svolgono un ruolo di primo piano su net zero. Il tracker evidenzia che le banche non solo  sono fuori strada per raggiungere gli obiettivi di net zero, ma molti dei loro impegni sono meno ambiziosi di quanto sembrino a prima vista.

Infatti per il solo settore energetico, l’IEA prevede che gli investimenti in energia pulita e combustibili fossili debbano raggiungere un rapporto di 10 a 1 entro il 2030 .

Benché le banche abbiano ampiamente propagandato il loro  impegno a mobilitare miliardi o trilioni di dollari verso obiettivi verdi e sociali ed effettivamente  l’energia pulita è stata la categoria più grande di finanza verde, con finanziamenti verso, ad esempio, energia rinnovabile (come solare ed eolica), trasporti puliti (come prestiti auto per veicoli elettrici) ed efficienza energetica (come edifici verdi), dal campione analizzato il rapporto medio tra finanza verde e finanza fossile è stato di 1,3 a 1, ben al di sotto del rapporto obiettivo di 10 a 1. E purtroppo la nostra banca Intesa S. Paolo  non eccelle in questo tracking.

Immagine1

In estrema sintesi,  in generale i risultati del tracker di WRI  evidenziano:

– carenza di politiche pubbliche ‘agenti’, in grado di supportare l’azione delle banche;

– carenza di programmazione da parte delle banche degli investimenti ai diversi settori in relazione al loro impatti sul processo di contenimento della temperatura a +1,5° rispetto all’inizio dell’epoca industriale, e non prevedono di farlo entro il 2030;

– in particolare le banche non hanno fissato in modo sistemico obiettivi per i settori a maggiori emissioni di gas serra, quali: energia, industria, agricoltura, trasporti ed edilizia.

In sostanza il lavoro del WRI segnala importanti lacune nel processo di avanzamento verso la sostenibilità di un campione significativo di banche, ciò deve fare riflettere sulle lacune del nostro sistema: ritardo nell’allinearsi sostanzialmente agli obiettivi internazionali in tema di net zero, poca e forse impossibile sinergia con le politiche pubbliche, a causa della debolezza ed anche inconsistenza delle stesse (vedi politica industriale), difficoltà a passare a modelli di gestione complessi e sistemici con nuovi attori.

In sostanza la prospettiva di agire in termini di attiva rete finanziaria sostenibile sembra debole.

Rispetto ai processi  tecnologici, la realtà dell’infrastruttura bancaria deve affrontare la rete della dematerializzazione, e quindi dell’ubiquità, dell’intero processo. Qui gli interrogativi sono imponenti, e saranno ripresi quando parlerò del grande torpore 3: l’intelligenza collettiva.

I quesiti immediati che pone la dematerializzazione sono:

– se la moneta è ubiqua servirà per attivare processi di colonizzazione globali o per attivare politiche condivise con gli alleati di rete?

– in un paese che tende all’autonomia differenziata assisteremo al proliferare delle monete virtuali locali? Se a Lugano, con grande fantasia, hanno coniato la loro moneta virtuale, il “luga”, a Chiasso conieranno la “Ciass”, e così via? Nel nostro paese dell’autonomia differenziata, assisteremo alla moneta locale differenziata, così uno strumento di globalizzazione si trasformerà in strumento di conflitto locale, come ai tempi di Guelfi e Ghibellini?

– alla banca centrale fisica succederà la banca centrale virtuale, ed anche qui, con quali prospettive di rete?

– qualcuno si farà carico di valutare l’impatto dei consumi energetici in termini di energia e acqua dei cripto impianti?

Si può continuare, ma un’esigenza è certa se si vuole che tali processi contribuiscano ad equità e condivisione occorre accelerare i processi informativi e di feedback con la popolazione.

Se in qualche modo si riescono ad individuare i nodi di sofferenza del sistema bancario a fronte delle  pressioni dirompenti (sull’uomo, sull’ambiente, sull’economia) del degrado ambientale e dei rapidi avanzamenti  tecnologici, più difficile è individuare  prospettive virtuose, perché qui stiamo parlando di qualcosa di inesauribile come l’egoismo dell’uomo riguardo al danaro.

Ma è sempre lecito avere una speranza; quindi, saremo in grado di riproporre i fasti del ‘lombard’?

I grandi centri di ricerca, come lo Stokholm Institut for Environment o il  Potsdam Institute for Climate Impact Research, indicano che la finanza deve essere a servizio del percorso esistente (stretto) compreso  fra il rispetto dei limiti biofisici della terra e un agire garante di un’equa distribuzione delle risorse residue, in sostanza di un uso giusto delle risorse. Così il sistema creditizio è chiamato a sollecitare giustizia ed equità, i due valori che sono mancati negli anni recenti della grande abbuffata della finanza.

Giuseppe Longhi

1 )  Anderson Lee e Amanda Carter, “Le banche si sono impegnate a raggiungere l’obiettivo Net Zero, ma non sono sulla buona strada per raggiungerlo”, 4 agosto 2024  in: https://www.wri.org/insights/banks-off-track-for-net-zero-emissions?apcid=0065f213a40e2adb5ef19f04&utm_campaign=wridigest&utm_medium=email&utm_source=wridigest-2024-09-05

 



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