1 ottobre 2024

L’ESPLOSIONE DEI DEHORS (UN RISTORANTE A CIELO APERTO?)

Gli aspetti contrastanti del problema


rini

Con questo primo contributo vogliamo dare avvio una breve rassegna su alcuni fenomeni di cambiamento del paesaggio milanese, spie di un crescente degrado che, in varie forme, sta intaccando lo spazio pubblico urbano. Come prima tessera di questo mosaico, vogliamo iniziare da un oggetto che, dopo Expo 2015 e soprattutto a seguito della pandemia da Covid-19, si sta affermando come nuovo indiscusso “protagonista” dello spazio pubblico milanese: il dehors. 

Dapprima in modo discreto e silenzioso, poi sempre più selvaggio e pervasivo, i dehors si sono diffusi di pari passo con fenomeni ben più ampi e rilevanti: il forte incremento del settore turistico e dei city users (8,5 milioni di arrivi totali in città e 11,5 milioni nell’area urbana nel corso del 2023; +8,9% di presenze a giugno 2024 rispetto all’anno precedente); il boom delle attività di ristorazione, trainate anche dal settore turistico; le regole sanitarie di distanziamento che hanno portato ad un uso più frequente dello spazio aperto, anche oltre la fine della pandemia. Sullo sfondo l’insostenibile incremento dei prezzi, la crescente concentrazione dei valori immobiliari e l’inasprirsi delle disuguaglianze sociali ed economiche. 

Tornando al nostro protagonista, come riportato in un bell’articolo disponibile sul sito dell’Accademia della Crusca (“Dehors: dalla Francia all’Italia, passando per Torino”), il sostantivo maschile invariabile dehors “indica la parte all’aperto di bar o ristoranti, specialmente sul marciapiede di una via o in una piazza, attrezzata con tavolini e sedie per i clienti”. Alcuni dati: a fine 2023 erano stimate circa 4500 attività attrezzate con dehors, su un totale di circa 5000 bar e 6000 ristoranti. In pochi anni, i metri quadrati destinati a questi spazi sono quasi raddoppiati: una esplosione dilagante di verande, serre, tavolini, sedie, panche, plateatici, divani e divanetti, ecc., di innumerevoli forme, colori e dimensioni, che hanno via via invaso marciapiedi, parcheggi, piste ciclabili, piazze e androni della città.

Con Delibera di Consiglio Comunale n. 14 del 18 maggio 2015, il Comune di Milano apporta le prime modifiche al “Regolamento per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP)”, che consente (inizialmente solo all’interno delle Zone 30) di posizionare i dehors in aree destinata a parcheggio pubblico, purché nel rispetto della modularità dei posto auto, senza invadere le corsie di manovra e con una dimensione massima di 10 metri per 2. L’intento (del tutto condivisibile) era quello di incrementare la fruibilità dello spazio pubblico a favore dei pedoni e facilitare una forma di “riappropriazione” di spazi preziosi da dedicare alla socialità.

Sarà poi l’arrivo del Covid, con le sue pesanti conseguenze sanitarie, economiche e sociali che tutti tristemente ricordiamo, a dare ulteriore impulso al fenomeno. Con delibera di Giunta dell’8 maggio 2020, il Comune, “vicino ai commercianti in questo momento di grande difficoltà”, prevede l’ampliamento delle concessioni di occupazione di suolo pubblico per l’esercizio di somministrazione di cibi e bevande e la semplificazione delle procedure (della durata massima di 15 giorni), oltre alla temporanea sospensione del pagamento della tassa di occupazione del suolo. 

Il “Regolamento sulle Occupazioni di Suolo Pubblico Temporanee Leggere del Comune di Milano”, approvato con Delibera n. 74 del 2020, poi modificato nel 2021 e tuttora vigente, definisce le caratteristiche essenziali dei dehors, i requisiti normativi da rispettare e l’iter procedurale per ottenerne l’autorizzazione. I dehors sono qui definiti come “strutture non leggere, composite e smontabili, chiuse lateralmente e frontalmente da superfici rigide e trasparenti e chiuse anche superiormente con elementi di copertura rigidi o flessibili, anche opachi; ove possibile, può essere consentito l’ancoraggio al suolo di tali strutture con idonei sistemi rispettosi della pavimentazione pubblica” (corsivo nostro).

 È inoltre “vietata l’installazione di dehors su aree verdi non pavimentate, compresi i parterre alberati” e “le occupazioni di suolo […] dovranno sempre essere effettuate assicurando, in ogni momento[…] una superficie libera di almeno 2 mt. tale da garantire il flusso pedonale in sicurezza […] Dovrà inoltre essere sempre garantito, nell’effettiva realizzazione dell’occupazione, il regolare transito dei mezzi di sicurezza e di soccorso, il rispetto di tutte le misure volte all’abbattimento delle barriere architettoniche”. Permane l’iter procedurale agevolato, anche se il tempo massimo (forse a causa del numero di richieste?) si allunga a “30 giorni dalla ricezione dell’istanza, fatte salve eventuali interruzioni/sospensioni per insufficiente documentazione fornita dal richiedente”. 

Il regolamento è corredato da un “Documento tecnico-operativo” di linee guida progettuali, che fornisce una serie di indicazioni generali in merito a tipologie di intervento, obiettivi e qualità dello spazio pubblico, oltre a indicazioni progettuali più specifiche (anche attraverso disegni tipologici e abachi di riferimento) in merito a caratteristiche tecniche, funzionali ed estetiche degli elementi di arredo, impianti, distanze e posizionamento delle strutture su marciapiedi, isole pedonali, carreggiate e aree verdi. Un piccolo manuale lodevole nelle intenzioni e nella qualità, chiaro e ricco di spunti, ma che ci sembra spesso e volentieri disatteso negli esiti concreti.

I regolamenti comunali si affiancano a norme già operative a livello nazionale. A partire dal “Decreto Ristori” del 2020, passando poi per una infinita serie di provvedimenti (citiamo fra gli altri la Legge di bilancio 2022, il Decreto Milleproroghe 2022, il Decreto Concorrenza 2022, i D.L. n. 21, 144 e 198 del 2022) il legislatore ha di fatto permesso di mantenere le strutture temporanee rendendole ordinarie a suon di proroghe, garantendo anche (in diverse forme e gradi) l’esenzione dalle tasse sull’occupazione del suolo pubblico e del canone di concessione. 

Il recente Decreto “Salva Casa” (DL 69/2024), pur nelle incertezze applicative e lacune normative che andranno (consuetudine tutta italiana…) colmate, consente il mantenimento delle “strutture amovibili, realizzate durante la pandemia per finalità sanitarie, assistenziali ed educative, che ancora rivestono un ruolo di utilità sociale”, nel rispetto delle norme urbanistiche e di settore vigenti. Infine, a conclusione di questa articolata rassegna normativa, citiamo il recente Ddl “Concorrenza” approvato lo scorso luglio, che prevede, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, l’emanazione di uno specifico decreto legislativo finalizzato a riordinare e coordinare la concessione ai pubblici esercizi di spazi e aree pubbliche di interesse culturale e paesaggistico per l’installazione di strutture amovibili. Il Ddl contiene, inoltre, una proroga delle norme “straordinarie” in vigore dal 2020 (periodo Covid) fino al 31 dicembre 2025, e comunque fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

L’esplosione dei dehors ha generato crescenti conflitti nell’uso dello spazio urbano, costringendo il Comune a trovare un ondivago equilibro tra esigenze di ordine e “sicurezza” da un lato e stimolo all’economia cittadina (con relativo aumento di entrate per le casse comunali) dall’altro. Con delibera n. 90 del 5 dicembre 2023, il Consiglio Comunale ha rivisto il canone unico patrimoniale, le relative componenti tariffarie e coefficienti moltiplicatori. 

Il criterio è quello di incrementare le tariffe per le attività del centro, agevolandole invece nei quartieri più periferici. Per le occupazioni permanenti di suolo pubblico o privato soggetto ad uso o passaggio pubblico, si prevede una tariffa base annua pari a € 75,00 al mq, moltiplicato poi per un coefficiente relativo alla classificazione viaria (per farsi un’idea: si va da un massimo di 2,83 in Corso Vittorio Emanuele a un minino di 0,83 in via Boifava) e un secondo coefficiente per specifica attività (per i dehors da 2 a 4). Tradotto: un locale in centro storico che prima pagava circa 10.000 € all’anno per 50 metri quadrati di spazio esterno, nel 2024 ne pagherà circa 15.000, mentre un locale, ad esempio, in zona Certosa, passerà da 5.000 € a circa 3.500 €. Un criterio ragionevole che, tuttavia, può contribuire a incentivare anche in quartieri più periferici una concentrazione monofunzionale con ricadute negative sulla vivibilità.

Lo scorso 3 maggio entra in vigore l’ordinanza di regolamentazione della “movida” con divieto di vendita e somministrazione di bevande in contenitori di vetro e lattine, tutti i giorni, dalle 22 alle 5, e limitazioni negli orari delle attività all’esterno dei pubblici esercizi nei quartieri residenziali, con interruzione a mezzanotte per l’asporto e i dehors. Le zone della città interessate dal provvedimento sono Duomo, Arco della Pace, Darsena/Ticinese, Navigli/Tortona, Nolo, Garibaldi/Isola, Lazzaretto, Melzo, Sarpi, Bicocca, Leonardo da Vinci e Cinque Vie.

Il fenomeno dehors, pur nei suoi limiti, pone a nostro avviso una serie di questioni rilevanti e di spunti di riflessione sulla qualità – e vivibilità – dello spazio pubblico urbano.

  1. Se inizialmente positiva, sia come forma di riappropriazione dello spazio aperto contro lo strapotere dell’auto, sia come misura di aiuto economico, l’esplosione dilagante dei dehors ha poi generato conflitti evidenti fra i diversi utenti dello spazio aperto, in particolare nei confronti di coloro che non sono turisti o clienti (pedoni, ciclisti, automobilisti, ecc.). Una progettazione spontanea, a macchia d’olio e priva di riferimenti qualitativi condivisi è consapevole di dover evitare o risolvere tali conflitti? 
  2. Il tema del decoro urbano (si sarebbe detto un tempo) o dell’immagine della città: come governarli in modo coerente e possibilmente uniforme (almeno per zone), evitando l’esplodere di soluzioni degradanti, eterogenee, caotiche, frammentate, spesso irrispettose o indifferenti al contesto storico e architettonico nel quale sorgono? Come evitare errori (e orrori) che intaccano la bellezza di viali e piazze? In che misura l’Amministrazione Comunale sta demandando al gusto e al senso estetico di baristi e ristoratori la conservazione dell’immagine estetica e caratterizzante della nostra città?
  3. La progressiva concentrazione di locali, bar e ristoranti tende a creare zone monofunzionali; l’afflusso di investimenti e capitali (spesso anche di origine opaca) e l’incremento dei valori immobiliari (debolmente controbilanciati da politiche pubbliche), rendono inaccessibili aree sempre più estese della città a funzioni e attività commerciali di altra natura, con ricadute sulla reale vivibilità di questi quartieri per i residenti.
  4. Le ripercussioni sperequative sul mercato delle locazioni: un bar a piano terra, che avrà la fortuna di trovarsi dotato di un ampio marciapiede (pagato dalla fiscalità generale) avrà un valore superiore ad un altro locale, delle stesse dimensioni e caratteristiche, con la sfortuna di affacciarsi su un marciapiede di dimensioni ridotte. I due locali, a parità di superfice, avranno però analoga rendita catastale e saranno tenuti a versare la medesima IMU.
  5. In una città sempre più fagocitata dalle istanze del consumo a discapito delle esigenze dell’abitare, stretta tra la necessità di non mortificare un settore turistico in crescita (con effetti potenzialmente devastanti, come testimoniano altre realtà italiane ed europee…) e il sacrosanto diritto dei residenti alla vita e al riposo (e perché no, anche al silenzio, ogni tanto…), come trovare un ragionevole punto di equilibrio? 

In conclusione, senza voler esprimere giudizi morali di fronte ai cambiamenti in atto, non vorremmo che, soffocati da incuria, miope progettualità e degrado, fossero sprecati quegli sforzi che negli ultimi anni, lavorando sullo spazio pubblico urbano in modo intelligente, appassionato e talvolta sperimentale, hanno contribuito ad avvicinare Milano ad altre importanti città europee. L’auspicio è che si possa tornare a ridare slancio a quella cultura del bello che è parte integrante della storia e dell’identità della nostra città, ma che troppo spesso viene dimenticata in ragione di ben altre priorità.

Maurizio Rini

 



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  1. Paolo ChiaramontiBella ed esaustiva analisi di un fenomeno altamente divisivo. La mia ottica è quella di un "residente" che assieme ad altri sta vivendo questa tematica.
    4 ottobre 2024 • 10:57Rispondi
  2. davideIl problema come sempre sta nel Regolatore: i nostri amministratori hanno indebolito il Comune fino a farlo diventare impotente nei confronti dei soggetti privati portatori di interesse. Il danno è ormai irreparabile su tutti i fronti (urbanistica, trasporti, sanità, edilizia...). L'esempio dei déhors è lampante: concessi in aree verdi (sopra i cordoli degli alberi dell'Arco della Pace!) o in spazi che non permettono più il transito dei pedoni (bastioni di Porta Venezia) e diventati intoccabili.
    4 ottobre 2024 • 12:31Rispondi
  3. Comitato del LazzarettoL'ordinanza - tra l'altro prossima alla scadenza - attualmente fissa la chiusura dei dehors all’una del mattino nei giorni feriali, alle due durante il weekend. La citata chiusura alle 24:00 coinvolge unicamente una singola porzione della zona Garibaldi, in ragione di un lunga e complessa causa amministrativa promossa da un condominio. Il futuro pare segnato a meno che..
    22 ottobre 2024 • 12:07Rispondi
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