3 settembre 2024

IN RICORDO DI GIUSEPPE BOATTI, URBANISTA

La vita, il docente, le scelte politiche, i suoi scritti


Copia di copertina 6 (13)

Giuseppe Boatti, è mancato giovedì 22 agosto 2024. Con questo articolo su ArcipelagoMilano ripercorro brevemente la sua rigorosa e aspra vicenda culturale e politica. Boatti ha svolto un’intensa attività di ricerca, editoriale, didattica e di divulgazione (1) e professionale (2).  Qui vorrei ricordare in particolare il suo contributo teorico e disciplinare alla pianificazione del territorio e il peso politico di tale contributo. Altri ricorderanno più ampiamente le battaglie civili che hanno caratterizzato l’ultima parte della Sua vita.

La formazione

Giuseppe Boatti (Beppe per gli amici), si era formato come urbanista alla scuola di Giuseppe Campos Venuti, alla Facoltà di Architettura di Milano, alla fine degli anni ’60. Per la dottrina di Campos la rendita urbana è la componente economica strutturale dell’evoluzione urbana nel sistema capitalistico. Il “Piano”, ovvero il Piano regolatore generale, comunale, è lo strumento cardine della disciplina urbanistica. Il Piano, correttamente impostato, regola la formazione della rendita urbana; ne riduce gli effetti distorsivi; redistribuisce i valori urbani ed è strumento essenziale per attuare una parte sostanziale del welfare (gli standard). Il Piano infine può garantire l’equilibrio ecologico della città.

Le istituzioni locali sono gli attori principali di una buona pianificazione. Pianificare e “Amministrare l’Urbanistica”, sono dunque atti eminentemente politici. Sulla condivisione di tali scelte culturali e politiche si era formato un gruppo di urbanisti e docenti (Federico Oliva, Valeria Erba, Arturo Beltrami, Anna Paola Canevari, Anna Carola Lorenzetti, Luca Marescotti, Emilio Censi, Antonello Boatti e Ugo Targetti) attivo sulla scena culturale e politica milanese, per lo più aderenti al Partito Comunista Italiano, conosciuto in Facoltà come “Gruppo Campos”, di cui Giuseppe Boatti era eminente esponente. Con queste convinzioni Giuseppe Boatti, che già da giovane aveva aderito al PCI, ha sviluppato la sua azione politica, di ricercatore, di docente e di professionista.

Le riforme degli anni ’70 e ’80 e l’impegno politico e amministrativo

Negli anni delle riforme urbanistiche e del piano decennale per la casa, Boatti si impegna come amministratore, è vicepresidente del Consorzio lombardo degli IACP e come studioso dirige la rivista “Edilizia popolare” e sviluppa ricerche sul fabbisogno abitativo.

L’attività didattica 

Nella sua pluridecennale attività didattica alla Facoltà di Architettura del Politecnico, Boatti formò generazioni di urbanisti. La sua razionalità stringente, la sua competenza, la sua chiarezza espositiva hanno affascinato generazioni di studenti. Molti l’hanno scelto come relatore delle tesi di laurea, sempre applicate a temi territoriali concreti. Alcuni studenti l’hanno seguito anche dopo la laurea. Per altri era troppo esigente per seguirlo.

L’Accademia

Boatti aveva convinzioni fortissime ed era scevro da compromessi, anche per carattere.
Nell’Accademia la carriera si fonda sul merito, ma anche sulle alleanze (ciascuno valuti i pesi relativi). Boatti, professore Associato di indubbi meriti scientifici e didattici, non divenne Professore Ordinario.

La ricerca scientifica

Negli anni di lavoro e studio della realtà milanese, Boatti maturò la convinzione che in aree complesse come l’area metropolitana di Milano, la vera struttura del territorio si manifesta alla dimensione di area vasta ed è a quella scala che si coglie l’effettiva logica dei fenomeni territoriali.

E’ dunque la scala sovracomunale la più razionale per il governo del territorio e delle sue componenti fondamentali: il sistema insediativo, il sistema infrastrutturale e il sistema ambientale.

La ricerca scientifica di Giuseppe Boatti in Università si concentrò pertanto sullo studio dei “Sistemi urbani” e sulla stretta interdipendenza tra assetti insediativi e mobilità. Il metodo messo a punto da Boatti si fonda sulle relazioni pendolari come indicatori più significativi delle relazioni economiche e sociali che si sviluppano sul territorio. A suggello della ricerca Boatti pubblica nel 2008 “L’ Italia dei Sistemi Urbani” – Electa (3). La scala vasta è dunque la scala imprescindibile per governare mobilità e ambiente.

L’elaborazione politico – disciplinare e la questione istituzionale

Lo studio sui sistemi urbani aveva evidenziato che a scala nazionale vi è una corrispondenza quasi totale tra la conformazione territoriale delle province e i confini dei sistemi urbani calcolati su base scientifica. La Provincia risultava di fatto l’istituzione più adeguata per governare gli elementi strutturali del territorio  secondo i principi di adeguatezza e sussidiarietà. Per una rara convergenza tra ragione e volontà politica anche il Parlamento negli anni ’90 ne era convinto: la legge 142 del 1990 aveva assegnato alle Provincie il compito di redigere i “Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale” e aveva istituito le Città metropolitane. L’analisi dei sistemi urbani di Boatti è, a tutt’oggi, la riprova “scientifica” dell’ottusità della successiva scelta populista di eliminare o di declassare le Provincie.

Rispetto alla geografia dei sistemi nazionali, l’analisi dei sistemi urbani aveva evidenziato  per la Lombardia una significativa anomalia: il sistema urbano milanese infatti supera i confini della Provincia di Milano, anche nella conformazione precedente alla separazione della Provincia di Monza e comprende altri territori limitrofi a nord e la provincia di Lodi a sud: è questa la vera area metropolitana di cui la Provincia di Milano rappresenta comunque il cuore essenziale. Dall’ analisi scientifica dei sistemi urbani derivavano pertanto stringenti corollari politici.

  1. a) Poiché una parte rilevante delle relazioni sociali ed economiche si svolgono all’interno dei territori provinciali, è razionale e necessario che le Province governino gli elementi strutturali dei loro territori. La legge di riforma delle Provincie, la142 del 1990, era giusta e andava attuata (4). 
  2. b) La Lombardia è strutturata in sistemi urbani. L’area metropolitana milanese non è un indistinto territorio urbanizzato al centro della pianura lombarda, ma un territorio ben identificato che corrisponde in buona misura alla Provincia di Milano che deve perciò diventare Città metropolitana. L’istituzione della Provincia di Monza per scissione dalla Provincia di Milano sarebbe stato e fu in effetti un errore. (La Provincia di Monza sarà istituita nel 2004 mentre l’ondata populista già chiedeva a gran voce l’eliminazione di tute le Provincie).

Di tali assunti culturali e politici era convinta una parte della sinistra milanese e con Boatti un gruppo di colleghi urbanisti (tra i quali il sottoscritto).

Le vicenda politica e culturale del Piano Territoriale Provinciale a venticinque anni 

dall’adozione

Nel 1995 la sinistra conquista la Provincia di Milano (Presidente Livio Tamberi e il sottoscritto assessore al territorio) e incarica Giuseppe Boatti di redigere il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) che sarà approvato dal Consiglio provinciale nel 1999, venticinque anni or sono. Il Primo PTCP della Lombardia e uno dei primi in Italia. Non si trattava solo di elaborare un Piano, pur importante che fosse, ma piuttosto di costruire il ruolo istituzionale che la legge di riforma assegnava alla Provincia, in prospettiva di diventare Città Metropolitana; ruolo che la politica si ostinava a negare e che invece, sulla base delle nelle nostre elaborazioni culturali e disciplinari, ritenevamo essenziale

Nella formazione del Piano Boatti espresse tutta la sua tetragona razionalità, le sue ferree convinzioni, la sua fortissima determinazione e capacità organizzativa, la sua energia. 

Boatti organizzò studi di settore affidati ad esperti, necessari per compiere scelte razionalmente inoppugnabili.  Conscio dell’importanza della gestione del Piano, si impegnò anche nella formazione dell’ufficio di Piano della Provincia che resta un’ eredità di esperienze e competenze tutt’ora attive.

Della questione “Piano territoriale” il nodo politico essenziale era la prevalenza del Piano provinciale sulle scelte comunali (compresa Milano) per gli aspetti strutturali dell’assetto insediativo, infrastrutturale ed ambientale, di scala vasta, come condizione per l’effettiva efficacia del Piano. Una redistribuzione di potere non indolore. Si trattava dunque del conflitto tra razionalità e potere. (4)

Molti, a sinistra, politici e amministratori, uno per tutti Valentino Ballabio, erano convinti che il Piano fosse la condizione necessaria per un assetto più avanzato dell’area metropolitana, la più importante e complessa del Paese. Molti invece non volevano cedere poteri: sindaci di diverso orientamento politico, esponenti di organizzazioni intermedie e operatori economici legati ad interessi locali, amministratori di potenti tecnostrutture decisi a non perdere la loro autonomia e i loro interessi economici. L’oppositore più deciso fu ed è sempre stato il comune di Milano, indipendentemente dalle maggioranze politiche. La Regione non ha mai voluto un potere forte oltre a quello del capoluogo.

Gli avversari del Piano allignavano in tutti i partiti. Ad essi Boatti opponeva ragionamenti stringenti e la conoscenza approfondita dei fenomeni.  Molti erano infastidititi dal rigore dei suoi ragionamenti. Altri ne furono convinti. Tra questi gli esponenti dei Verdi (tra tutti Enrico Fedreghini) che dopo una iniziale opposizione compresero il valore ecologico del Piano ed anche di certe scelte infrastrutturali “ dure”.

Il Piano di Boatti fu un successo sotto il profilo disciplinare e culturale, per l’eredità che lasciò alle istituzioni, e a chi, dentro e fuori la Provincia, aveva partecipato con entusiasmo alla vicenda. Quell’eredità è ancora attiva: si ritrova in parte, nella pianificazione territoriale sviluppata nella Regione, negli anni successivi. Viceversa la vicenda del Piano fu una sconfitta politica per la debolezza e l’infingardaggine della politica, non esclusa la sinistra che all’inizio l’aveva sostenuto. Il Piano, approvato in Consiglio Provinciale nella primavera del 1999 (ma non dalla Regione Lombardia palesemente inadempiente) fu revocato dalla nuova amministrazione di destra nel 2000, senza sostanziale opposizione a sinistra.

L’azione culturale e politica dopo il PTCP

La vicenda del Piano segnò le successive scelte politiche di Boatti che si avvicinò al Movimento 5 Stelle, non per ambizione politica personale, ma per coerenza con le sue convinzioni culturali che, a suo giudizio, trovavano più ascolto nel M5S piuttosto che nel PD. Boatti non perse la sua rigorosa capacità di analisi e la sua determinazione nelle battaglie culturali e politiche contro le scelte che riteneva sbagliate. Si oppose attivamente, non solo al PGT Moratti e Masseroli ma anche ai successivi  Piani di Pisapia e di Sala ritenendoli privi di strategia economica e di visione metropolitana e prevalentemente centrati sugli interessi immobiliari e la densificazione edilizia.

Intensa rimase l’azione di Boatti anche sul piano della riforma istituzionale, per promuovere e sostenere il ruolo della Città Metropolitana e  l’elezione diretta del sindaco metropolitano.

Molte furono le sue battaglie per la città, insieme ai Comitati cittadini: per la salvaguardia degli alberi di via Mac Mahon, contro i progetti di trasformazione delle grandi aree dismesse, da City Life agli Scali ferroviari, per la tutela del verde di Piazza d’Armi, per l’assetto dell’area dei Gasometri e la salvaguardia del bosco della “Goccia” alla Bovisa e altre. Più di undici anni di battaglie condotte per puro spirito di servizio civile.

Con la scomparsa di Giuseppe Boatti Milano ha perso una voce critica, scomoda ma solidissima. 

Io ho perso un amico.

Ugo Targetti

Note

(1)  Dagli anni ’70 Boatti ha pubblicato oltre cinquanta tra libri, saggi, articoli di urbanistica; molti riguardano Milano e il suo territorio, ma non mancano temi di carattere internazionale. Molti anche gli articoli divulgativi sulla stampa e su web, compresa ArcipelagoMilano. Numerosi anche i convegni e i seminari organizzati sui temi del governo del territorio.

(2) Per Boatti l’attività professionale aveva più carattere sperimentale che di attività economica, tuttavia essa fu intensa e ha compreso oltre cinquanta tra Piani regolatori, Piani attuativi, progetti urbani e studi. Qui si ricordano solo i PRG di Vigevano, di Cologno Monzese, di Trezzano sul Naviglio e di Garlasco; i PTCP di Milano e di Sondrio.

(3) Boatti elaborò un algoritmo che evidenzia i “Sistemi urbani” come luoghi della massima intensità delle relazioni pendolari intercomunali (Enrico Prevedello ne curò la prima implementazione informatica). Il metodo fu applicato prima alla Lombardia (“I sistemi urbani, struttura del territorio lombardo”, Edilizia popolare n 203, 1988) poi, rielaborato, all’intera Nazione sui dati aggiornati del Censimento del 2001. I risultati furono pubblicati in “L’ Italia dei Sistemi Urbani” Electa, 2008). Nel 2001 Boatti pubblica una raccolta di saggi con il titolo “Mal d’aria, mal di traffico: curare la città (Franco Angeli) dove si evidenzia l’inestricabile relazione tra sistema insediativo, rete infrastrutturale e ambiente anche per la grande città di Milano.

(4) La pianificazione intercomunale su base volontaria del Piano Intercomunale Milanese che aveva dato buoni frutti negli anni ’60 non era più in grado di governare le spinte della rendita urbana in pieno sviluppo capitalistico a fronte di uno squilibrio economico e politico sempre più forte tra capoluogo e comuni dell’hinterland. La Regione Lombardia e il comune di Milano si opposero strenuamente all’attuazione della riforma: la regione approvò la legge attuativa della 142 solo nel 2000, con un ritardo di dieci anni.

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  1. marco felisaApprezzo, condivido e sottoscrivo, dalla prima all'ultima, le parole di Ugo Targetti. Mi riconosco personalmente in tantissimi passaggi di questa nota, contento innanzitutto che il prof. Targetti abbia scelto di raccontare il ruolo culturale, formativo e tecnico / politico della pluridicennale esperienza del prof. Boatti. Lui che mi aveva incantato col suo approccio all'urbanistica quando ero suo studente, che è stato mio relatore di tesi, che mi ha insegnato nello studio di piazza Prealpi il bellissimo lavoro della pianificazione; da lui ho imparato il senso dei "sistemi urbani", la relazione tra territorio e trasporti e l'importanza della scala vasta. Un lavoro, quello del prof. Boatti, portato avanti con convinzione e fatica, con rigore e con metodo ostinatamente scientifico. Un grandissimo insegnamento, per la professione e per la vita. Presuntuosamente, mi riconosco tra le (numerosissime e di gran lunga migliori di me) "eredità di esperienze e competenze tutt’ora attive". Col rammarico di aver chiuso l'ultima telefonata con un ipotetico "ci risentiamo più avanti, con più calma".
    5 settembre 2024 • 12:03Rispondi
  2. Pietro VismaraTemo però che l' idea di togliere potere al Comune di Milano (e agli altri comuni) per darlo alla Provincia fosse intrinsecamente debole. Il Comune è un' istituzione storica, radicata; la Provincia è relativamente recente. Tutti ricordano i nomi dei sindaci di Milano nel dopoguerra; chi è che ricorda quello dei presidenti della provincia? Non mi stupisce alla fine l' alleanza sotterranea fra sindaci di destra e di sinistra: un eccesso di intransigenza e di rigore spesso è controproducente.
    5 settembre 2024 • 18:45Rispondi
  3. fiorello cortianaIl mio saluto a Giuseppe Boatti, architetto e cittadino sempre sul pezzo per la politica come interesse generale. Sempre. Addio!
    6 settembre 2024 • 08:11Rispondi
  4. Pietro VismaraTemo però che l' idea di togliere potere al Comune di Milano (e agli altri comuni) per darlo alla Provincia fosse intrinsecamente debole. Il Comune è un' istituzione storica, radicata; la Provincia è relativamente recente. Tutti ricordano i nomi dei sindaci di Milano nel dopoguerra; chi è che ricorda quello dei presidenti della provincia? Non mi stupisce alla fine l' alleanza sotterranea fra sindaci di destra e di sinistra: un eccesso di intransigenza e di rigore spesso è controproducente
    6 settembre 2024 • 10:18Rispondi
    • Chiara VogliattoPensare di cambiare in poco tempo e a forza di disposizioni di legge (e di tabelle elaborate da un professore del Politecnico) quello che era il ruolo di istituzioni secolari mi sembra nella migliore delle ipotesi alquanto ingenuo. Ci vuole tempo e soprattutto capacità di convincimento (che verosimilmente non ci sono stati). Questa dell'intervento brusco e un po' autoritario è purtroppo una caratteristica di molti ex esponenti dell'ex PCI: che però poi non si devono lamentare se le cose non vanno come dicono loro. A nessuno piace farsi comandare.
      6 settembre 2024 • 19:05
  5. Targetti UgoRisposta a Pietro Vismara e Chiara Vogliatto La ripartizione dei poteri tra Comuni, Provincie e Città metropolitane, sancita dalla legge 142 del 1990, risponde ai principi fondamentali di sussidiarietà ed adeguatezza, secondo i quali le istituzioni più vicine ai cittadini (i Comuni) devono esercitare tutti i poteri che possono efficacemente esercitare per dimensione e capacità operativa. Sono principi costituzionali che improntano anche la legislazione europea. Pertanto le Provincie e le città Metropolitane dovrebbero avere i poteri per governare gli elementi strutturali dei territori che, per loro natura, sono di scala sovracomunale. La definizione degli elementi strutturali e della dimensione territoriale ottimale per il loro governo si deve fondare sulla base di dati di realtà ovvero “scientifici”: le disprezzate “tabelle” elaborate da un professore del Politecnico (Giuseppe Boatti) cui si riferisce Chiara Vogliatto. Diversamente si può fondare l’azione politica su un asfittico e reazionario sentimento di appartenenza (“padroni a casa nostra!”). Ora è mio convincimento che la sinistra e i progressisti dovrebbero valutare la realtà e governare in base ad un approccio scientifico ovvero di realtà, approccio per lo più disprezzato dai populisti di varia natura. Il che non toglie che i Comuni, ai quali è demandato il compito di governare moltissimi aspetti della vita dei cittadini, restino un presidio democratico insostituibile. Quanto alla storia delle istituzioni la partizione dei territori comunali ha origine nell’assetto della proprietà fondiaria agraria e nell’organizzazione ecclesiale (le pievi) di epoca medioevale. Le provincie sono un’invenzione recente, ovvero napoleonica, frutto della razionalità illuminista. Si può decidere di governare la Lombardia e l’area metropolitana di Milano sulla base di un assetto di origine medioevale, una legittima idea reazionaria, oppure introducendo elementi di razionalità illuminista. Per attuare la riforma dei poteri prospettata fin dal 1990 dalla legge e dunque per nulla improvvisata, dice Chiara Vogliatto, ci sarebbe voluta capacità di convincimento: certo ci sarebbe voluto che tutto il centro sinistra avesse avuto un atteggiamento innovatore e coraggioso e non conservatore e talvolta anche opportunista. Chiara Vogliatto, che non apprezza gli esponenti dell’ex PCI perché non vuole essere “comandata”, da che parte sarebbe stata? Non pensa che se la politica non governa e non prende decisioni efficaci, ovvero quelle giuste alla giusta scala, chi comanda davvero alla fine sono gli interessi economici, corporativi e legati a rendite di posizione, ostacoli al “progresso” e ai veri interessi democratici.?
    7 settembre 2024 • 15:38Rispondi
    • Chiara VogliattoC'è una grande differenza (che non mi sembra venga colta dal commento) fra attenzione alla realtà (d'accordissimo!), uso dei dati (ancora più d'accordo!) e pretese di "scientificità". La scienza è inappellabile (se non da altri scienziati), è materia da esperti (per quanto condiscendevoli con gli ignoranti), non ammette repliche. L' urbanistica (che deve guardare alla realtà e usare i dati, per carità) NON è una scienza. E il fatto che i comuni siano radicati nel cuore della gente come simbolo di autodeterminazione, mentre i poteri delle province dipendono da una legge del 1990... be' non è medievale (e neanche reazionario). Mi spiace non venga capito.
      8 settembre 2024 • 20:22
  6. Targetti UgoDimenticavo. A corollario della mia risposta consiglio di leggere l'ottimo articolo di Santagostino
    7 settembre 2024 • 15:50Rispondi
  7. valentino ballabioAi due ultimi gentili commentatori consiglierei la lettura, o una rilettura più attenta, della "Italia dei sistemi urbani" (G. Boatti, 2008, Mondadori), in cui si raffrontano con rigore scientifico e lucidità politica le diverse realtà metropolitane europee rispetto alla mancata strutturazione istituzionale (poi aggravata se possibile dalla legge Delrio del 2014) della realtà italiana e milanese in particolare.
    7 settembre 2024 • 18:15Rispondi
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