18 giugno 2024
CRONACHE URBANISTICHE (5)
PGT "mon amour"
La notizia più “succulenta” è che Sala è riuscito a cacciare Maran dalla giunta. A prescindere dal risultato delle europee che ad oggi (lunedì 17) non è ancora ufficiale (dipende anche dalla volontà di Zan di scegliere dove farsi eleggere), il nostro Pier non sarà più assessore. Si conclude quindi quella sorta di purgatorio in cui era stato incastrato per il suo peccato di ubris. Il Sindaco meneghino lo ha detto giorni fa: “se non dovesse andare bene, lui stesso farebbe fatica a ricominciare con uguale motivazione nello stesso ruolo”. T’è capì? Auspichiamo un intervento decisivo del PD nazionale per donare un lieto fine alla vicenda.
Per il resto nulla di nuovo sul fronte occidentale, quello del “Decreto del Gip”, che sembra diventato il nuovo vero assessore all’Urbanistica a Milano. Tanto è vero che si dice che il nuovo PGT potrebbe essere scritto tenendo in forte considerazione le “interpretazioni” della Procura. Posso dire che, se succederà davvero, beh allora ci troveremo di fronte ad un fatto gravissimo? Forse anche antidemocratico. Una sorta di cortocircuito generato da una sottospecie di Sindrome di Stoccolma. Che poi il fantomatico Decreto del Gip non ha questa grande valenza neanche dal punto di vista giuridico. Orientarsi ad esso è una scelta prudenziale (o pavida?) di questa amministrazione, che non ha gli attributi per sostenere il lavoro dei propri tecnici. Salvo però garantir loro l’avvocato.
Ma ovviamente per ora sono solo illazioni, perché il nuovo PGT, quello di Tancredi, quello con gli slogan sgrammaticati (vi ricordate? 4Città, cittaequa, cittasostenibile, cittaprossima, cittabella), quello che avrebbe messo in soffitta anticipatamente il PGT 2030 di Maran, insomma quella roba lì, ecco è scomparso dai radar, non solo di Linate. Svanito come la rugiada all’alba sull’erba dei parterre di Corso Sempione, non sotto i raggi del sole, ma per sgarrupate ciclabili e sghembi percorsi pedonali. Nemmeno a “Chi l’ha visto?” hanno traccia di qualsiasi bozza.
Forse perché siamo tutti in attesa del Salvamilano. Scegliete voi dove mettere lo spazio. E l’eventuale apostrofo. E siamo anche in attesa di un cenno da parte dell’INU, che, magari mi è sfuggito, ma ad oggi non ha ancora battuto colpo sulla vicenda. Fosse anche solo per dire brava Procura…
Quindi per ingannare il tempo proviamo a pensare come potrebbe essere il nuovo PGT. Non quello di Tancredi e nemmeno quello della Procura. No, in una botta di ego, vi dico il mio.
Alcune premesse. Di indole sono liberale e anche un po’ anarchico, pertanto il mio modo di concepire norme e leggi va sempre nel senso di indicare chiaramente cosa è vietato e rendere consentito tutto il resto. Il contrario della visione dirigista/statalista che specifica per legge cosa si può fare rendendo vietato tutto quello che non è contemplato dalla norma. Sto ovviamente semplificando, ma ci siamo capiti.
Mi sono però convinto negli anni che c’è un ambito in cui è necessario adottare un metodo più rigido, non dico da pianificazione quinquennale, ma quasi. Ed è quello dell’urbanistica. Senza esagerare, ma l’approccio liberale non funziona, almeno non del tutto. Nemmeno però voglio tornare all’urbanistica dogmatica e ideologica degli anni ’70 in cui si pretendeva di governare scientificamente e in modo assai arrogante anche la crescita dei fili d’erba.
Quello che so di Urbanistica, l’ho imparato dal mio maestro, Alberto Mioni, dalla pratica e da alcuni libri che ritengo fondativi, tra cui “Il grande progetto urbano” di Cesare Macchi Cassia. Quindi partirei da qui. Non stupitevi, se ritroverete più avanti alcuni dei loro concetti. Il merito è loro, gli eventuali errori ed ingenuità sono tutti a mio carico.
Facciamo finta che la LR 12/2005 non esista, ma teniamoci per comodità il PGT, inteso come nome, come contenitore. Ecco cosa ci metterei dentro. Pochi elementi, ma il più possibile chiari. Intanto torniamo ai metri cubi, ai volumi, anche solo per un fatto simbolico. La città va governata in 3d, attraverso i progetti. Torniamo a dire quanti metri cubi si possono costruire e soprattutto visualizziamoli. Abbiamo ormai strumenti ultrasofisticati per progettare in 3 o 4 dimensioni, attraverso realtà virtuale e aumentata. Il BIM (Building Information Modeling) è obbligatorio in determinati ambiti soprattutto delle opere pubbliche. Possibile che l’urbanistica sia ancora ferma ai retini?
Bisogna riportare il progetto al centro del governo del territorio urbanizzato e non. Bisogna riconsegnare l’urbanistica all’architettura, riconducendola a fatti tecnici e non solo ad un esercizio esasperato di tipo giuridico. Anche perché solo in questo modo puoi rimettere la politica all’interno dello strumento urbanistico. Come fai a trasmettere un’idea di città attraverso commi e norme a volte di difficile interpretazione? Non me ne vogliano gli avvocati amministrativisti, ma non è possibile che per ogni progetto di sviluppo bisogna per forza avere anche una consulenza giuridica per avere una ragionevole certezza di avere interpretato bene tutte le norme.
Questo non significa avere un PGT che prevede il disegno di ogni singola casa, ma vuol dire individuare le aree fondamentali per lo sviluppo della città e … progettarle! Fondamentali non equivale a quante si contano sulle dita di una mano, ma a parecchie decine. Dipende ovviamente dall’estensione e dalla complessità della città.
Tutto ciò comporta un aumento massiccio della pianificazione attuativa all’interno del PGT (così facciamo anche contenti i PM e la Procura). Ma non una pianificazione attuativa fatta di perimetri che individuano un ambito e poi ci si fa dettare le regole da attori esterni. Bisogna invece che l’attore pubblico si prenda la responsabilità di tradurre l’input politico in un progetto concreto fatto di linee guida, allineamenti, volumi, relazioni tra gli spazi, regole insediative, etc… Aspetta un momento! Ma io questa cosa l’ho già sentita… Lo strumento, magari non del tutto canonico, c’è già.
Il cosiddetto Masterplan.
Anni fa proprio il comune di Milano bandì due concorsi per edilizia sociale (Abitare a Milano 1 e 2) in cui si fece un uso intelligente di questo strumento. I masterplan di quei concorsi, se non ricordo male, concepiti da Francesco Infussi, erano molto interessanti e ben concepiti e di fatto diedero origine a progetti validi (soprattutto quelli del primo concorso).
Immagino quindi il novello PGT come uno strumento che disegna davvero la città nei suoi punti strategici con un livello di dettaglio via via crescente più l’area è rilevante al fine di ottenere quell’idea di città che la giunta vuole portare avanti. Di nuovo è la politica che entra in modo trasparente nell’urbanistica. E nel resto del tessuto? Una volta che la città è stata “progettata” è meno facile “fare danni”, pertanto basterebbero poche e semplici norme morfologiche per gestire il resto del tessuto edilizio. E anche il tema dei tanto vituperati grattacieli viene superato (non mi hanno convinto le tesi espresse nell’ultimo numero di Arcipelago, ma a questo serve il dibattito). Essi possono tranquillamente venir “governati”. Si fanno solo dove lo prevede il masterplan.
E se per l’area di mia proprietà il Comune ha disegnato un masterplan che non mi soddisfa? Chiedo una variante. Ovvero sottopongo il mio progetto al vaglio della politica, che si prenderà la responsabilità di decidere se quel progetto è compatibile con la sua visione. E se non c’è un masterplan per la mia area? Idem. Ne presento uno di iniziativa privata e lo sottopongo al vaglio della politica locale.
Non sto inventando nulla. La pianificazione attuativa già funziona così. Quello che cambia è il concetto che vi sta dietro. Va però istituzionalizzato uno strumento “potente” come il masterplan.
Sapete quale è il vero problema? Che a questo punto la politica (con la P maiuscola o minuscola, vedete voi) non si può più nascondere. Con un PGT del genere devi avere un’idea di città forte e coerente. Non esageriamo.
Anche solo uno straccio di idea. Perché il masterplan la esprime chiaramente, la traduce in un linguaggio comprensibile ed efficacie dal punto di vista comunicativo. Uno strumento comprensibile dai cittadini. E ovviamente ne mette anche in luce la pochezza, se questa idea manca. Non ci si può più nascondere dietro norme e regolette scritte male o troppo interpretabili. E così facendo si evitano anche le ingerenze della magistratura nel governo della città.
Assunzione di responsabilità. Centralità del progetto e dei fatti tecnici. Depotenziamento della sovrastruttura giuridica. Trasparenza nelle scelte.
Tutti ottimi motivi per conservare invece lo status quo.
Pietro Cafiero
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