18 giugno 2024
LA CONTESSA DEL VIMINALE, L’ASSASSINIO MATTEOTTI E IL DELITTO DI CORSO BUENOS AIRES
Tutto finisce come un feuilleton
18 giugno 2024
Tutto finisce come un feuilleton
La giustizia del 4 luglio 1924, quotidiano del Partito socialista unitario, ha in prima pagina un articolo sull’istruttoria per il rapimento e assassinio del suo segretario Matteotti con un capitolo dedicato alla “Contessa del Viminale”, stesso titolo per il Messaggero, mentre l’Unità del 3 luglio dedica un articolo alla “Contessa Misteriosa”. Giuseppe Donati direttore del Popolo (morirà in esilio) dedica un capitolo alla Contessa del Viminale della sua denuncia del qudrumviro De Bono indirizzata al presidente del senato Tittoni.
Perché? Chi è?
Il perché è chiaro: si tratterebbe di una testimone che avrebbe lasciato intendere che sapeva dell’organizzazione del rapimento con largo anticipo e conosceva i nomi dei congiurati e dei mandanti e se i primi erano ormai sulle pagine di tutti i giornali sui secondi non si fece mai luce giudiziaria, inoltre conoscerebbe il contenuto della borsa che Matteotti aveva con sé contenente documenti scottanti.
Rispondere alla seconda domanda invece è molto difficile. Nessuno ne fa il nome, il Messaggero la descrive così: “una nuova Mata Harila quale fino a ieri ha potuto dominare nettamente negli uffici del Viminale e specialmente nella direzione generale della pubblica sicurezza … in un decennio ha saputo svolgere in tutti gli ambienti politici, una azione varia…deve conoscere molti retroscena di ciò che si è svolto in questi ultimi tempi al Viminale.
Non vi è stato processo di corruzione, di truffatori di banche, di delitti che il suo nome non sia comparso fugacemente. Durante l’imperio di Cesare Rossi e del generale de Bono questa donna ha saputo imporre la sua volontà nettamente … era amica di Rossi, di Dumini, di Volpi e di altre personalità che ancora godono di fiducia … anche lei affermava che gli unitari rappresentavano un pugno nell’occhio del partito fascista…come va che il magistrato inquirente non ha chiesto informazioni su questa donna …”.
Lo stesso testo è riportato da l’unità che aggiunge per identificarla una origine della Lomellina. La Giustizia invece ne dà una descrizione puntuale: “è una donna dall’ampia chioma ossigenata, dalla eleganza lussuosa, alta leggermente pingue…è moglie di una alto ufficiale dell’esercito dal quale vive separata…i fascisti di una elegante spiaggia tirrena devono infatti ricordare che la contessa fu presentata lo scorso anno dall’alto personaggio durante una breve sosta estiva come persona di famiglia e la coppia fu anche ospitata dal fascio…la contessa del Viminale prima della guerra viveva modestamente poi le cose mutarono e con gli affari di varia natura vennero i quattrini, il lusso, le toilettes …Ora cosa ha da dire questa donna a proposito del delitto Matteotti?”.
Per Donati invece “erano assidue al Viminale certe femmine equivoche passate alla storia come Contesse del Viminale”.
Vale la pena ricordare che il titolare del Ministero degli interni fino al 17 giugno 1924 era Benito Mussolini, poi di nuovo dal 6 novembre 1926.
Il giornale d’Italia riesce ad intervistarla: “Diciamo dunque che, dopo le opportune ricerche, abbiamo trovato la Contessa — chiamiamola così anche noi — nell’elegante appartamento di uno fra i più sontuosi palazzi di via Nazionale…Tuttora giovane, attraente, possiede la conversazione facile ed abbondante di chi ha camminato le vie del mondo” l’intervistata nega tutto: “le mie visite al Viminale sono state rarissime. Hanno detto che io mi abbandono ad orge per certi luoghi di convegno notturni. Orbene, in quei luoghi non sono mai stata una sola volta. La mia vita è corretta. Forse subisco la disgrazia della omonimia con due giovani isolane, che sono, pare, allegre e note…c’è qualche signora titolata che veramente, a quanto potei constatare, capitava spesso al Viminale. Forse sono stata confusa con lei.”
Lo stesso giorno dell’intervista sul giornale di Messina La sera del 4 luglio 1924 si ritrova la seguente notizia: “Proveniente da Napoli, si trova da più giorni nella nostra città la Contessa del Viminale, la quale, a quanto ci risulta da fonte ineccepibile, è stata vista fino a ieri sera a passeggiare sul viale S. Martino, al braccio di uno studente della Scuola Superiore di Nautica e pedinata a distanza da alcuni agenti di P. S.”
Della contessa parla anche il Corriere in un articolo dal titolo “L’ambiente in cui fu preparato il delitto di Roma e l’attività criminosa che lo precedette” dove viene sottolineata la scomparsa della borsa di Matteotti notizia che ritroveremo in più occasioni negli anni successivi perché attorno ai documenti contenuti si ipotizza un sistema di ricatti che garantirà la benevolenza del regime nei confronti degli assassini e dei loro amici.
Della contessa non si sentirà più parlare fino al gennaio del 1926 quando presso il music hall di New Haven viene rappresentata una commedia “L’attentato a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella” di Carlo Tresca, che ha tra i protagonisti la Contessa del Viminale, che non sarebbe più o non più l’amante di de Bono, bensì di Farinacci e dell’attentatore di Mussolini, Tito Zaniboni. Attentato che vedeva la maggioranza degli organizzatori essere informatori di polizia.
In questo caso la Contessa viene identificata in tale Noli da Costa (nome del marito) che però secondo lo storico Franzinelli sarebbe stata l’amante anche dello stesso Mussolini; in realtà tratterebbesi di Margherita Fanelli detta Margheritona secondo la questura “vistosa e procace, venale e intrigante che esercita la prostituzione”. Altri invece identificano in tale contessa Martini l’amante in comune tra il duce e il suo attentatore, altri ancora fanno altri nomi Luisa Zaremba de Jaracewski, Giuseppina Vannucci etc, di un’altra contessa coinvolta nelle polemiche interne ai fascisti torinesi parla l’Avanti; una cosa è certa, le contesse (alcune effettivamente titolate) sono molte e il l’ambiente fascista del Viminale sembra simile a quello dei bordelli dei romanzi d’appendice.
Scrive la Rodogna: “In realtà ogni femme fatale, abile seduttrice e frequentatrice abituale di gerarchi fascisti può essere iscritta con facilità al ruolo di Contessa del Viminale. Sono donne aduse ad ogni compromesso…Ordiscono trame, non hanno rimorsi o pentimenti”.
Lo spettacolo di New Haven viene così descritto: “Condensa in poche linee il carattere tragicamente teatrale del regime nero. L’autore, nemico irreconciliabile del fascismo, i cui capi un giorno combatterono al suo fianco contro le forze reazionarie, traendo spunto dalle debolezze intime di essi, dalle rivelazioni fatte intorno al “Complotto” e dagli episodi che ne furono le genesi, ne forma un tutto unico che con fine ironia, con pungente sarcasmo smonta la montatura del “Complotto” e staffila i mostri che l’idearono.” (Il Martello, 27 marzo 1926, p. 1).
Carlo Tresca sindacalista, figura importante dell’anarchismo e dell’antifascismo non comunista negli USA, molto popolare nella comunità italo americana, fu assassinato a revolverate mentre era in libertà vigilata e sotto sorveglianza della polizia il 9 gennaio 1943.
Si tornerà a parlare della contessa del Viminale qualche mese dopo nel giugno quando a Milano in Corso Buenos Aires 43 in un baule nella sua abitazione viene ritrovato il corpo in decomposizione di Erminia Ferrara.
La donna, moglie separata di un impresario cinematografico Giovanni Pettine amico di Farinacci era scomparsa da alcuni mesi, le indagini si indirizzarono subito sul figlio, opportunamente dichiarato pazzo e internato a Mombello, che avrebbe agito sia per interesse sia perché turbato dall’eccessivo numero di amanti forse a pagamento della madre. Il processo per matricidio si concluse con la condanna del giovane, che uscirà dal manicomio criminale il 21 giugno 1936 e condurrà poi una vita da normale impiegato comunale.
Dall’esilio la Difesa organo degli antifascisti italiani in Brasile diretto dall’ex deputato socialista e dirigente del PSU Francesco Frola, figura importante del fuoriuscitismo in America Latina, nel 1928, fa i nomi dei frequentatori di casa Ferrari: De Bono (presenza fissa in tutti gli scenari), Farinacci e fa la sua entrée Arnaldo Mussolini, viepiù: “Erminia Pettine (questo il nome da sposata) nata a Ferrara, era ne più ne meno che la misteriosa Contessa del Viminale, di cui si era tanto parlato ai tempi del delitto Matteotti, come quella che in relazione colle alte personalità del fascismo sarebbe stata partecipe dei segreti del palazzo e tratto di unione tra i fascisti milanesi, che com’è noto ebbero tanta parte nella tragedia di Lungo Tevere e quelli di Roma”. La Ferrara si disse al tempo, poco prima di morire, voleva consegnare al Farinacci dei documenti non meglio precisati.
Tutta la vicenda è raccontata nel libro Un delitto imperfetto di A. Rodogna per Bertoni editore 2021; mentre Cesare Pacitti nel volume il Matricida parla di una indagine parallela della polizia che coinvolgerebbe il federale milanese Giampaoli, nemico giurato di Farinacci, fascista duro e puro ma anche accusato di svariate nefandezze: gestore di case da gioco clandestine, di case di appuntamento, di avere progettato l’assassinio di Farinacci, l’attentato al duce di Bologna e soprattutto di essere tra i responsabili della bomba in fiera a Milano del 12 aprile 28 che fece 20 morti. Giampaoli fu espulso dal partito e allontanato da Milano ma tutelato economicamente, tornerà in politica con la repubblica sociale, morirà a Como nel 1945.
Nello stesso libro si cita la voce secondo cui l’ultima persona a vedere viva la Ferrara fosse stato Arnaldo Mussolini. Certo è che la confessione del figlio interruppe le indagini sulla pista politica per la soddisfazione di molti.
Alla Erminia Ferrara Pettine, e forse questo è l’unico motivo che la fa citare occasionalmente si ispira Gadda per il romanzo incompiuto Dejanira Classis.
Nel dopoguerra della Contessa del Viminale si tornerà a parlare durante il nuovo processo agli assassini di Matteotti (Corsera 25 febbraio 1947), titola il Corriere d’informazione in prima pagina “Tenuta fuori dall’aula la misteriosa contessa” e scrive: “La contessa specie di ninfa egeria che avrebbe dovuto riferire quanto ha veduto e udito in casa Mussolini nel periodo più acuto del delitto Matteotti…non sarà udita dalla corte che ha respinto la richiesta per la citazione della nobildonna (che evidentemente non era quella trovata in un baule vent’anni prima ndr), ma quel titolo pronunciato più volte ha ridestato una grande eco…” e parlando di un’altra contessa (l’ennesima) racconta che “meditò di uccidere Mussolini con una piccola bomba di gas asfissiante da far silenziosamente scoppiare nel letto del duce durante una delle convocazioni pomeridiane cui era chiamata a partecipare”. Si scivola verso la spy story e il feuilleton!
Una cosa è certa l’ambiente del fascismo e delle contesse del Viminale tra affaristi, spie, doppiogiochisti, risse tra fazioni, malavitosi, assassini fa pensare al Carlo Martello di de Andrè: “”E’ mai possibile, porco d’un cane, Che le avventure in codesto reame, Debban risolversi tutte con grandi puttane”.
Walter Marossi