4 giugno 2024

COSTITUZIONE, SOVRANITÀ E CITTADINANZA EUROPEA

Per fortuna c'è Mattarella, ma per quanto ancora?


ta (44)

Piazze semivuote, questioni locali, passioni fiacche. Le prossime elezioni europee non scaldano l’anima e c’è voluto Mattarella per ricordare a tutti che sono decisive dell’Europa, di quale e quanta ne vogliamo, non del consenso alla Meloni e neppure delle liste d’attesa nella sanità.

Ed anche per mettere in chiaro la connessione stretta, giuridica, storica e politica, tra la nostra Costituzione e l’Unione Europea, tra sovranità nazionale e sovranità europea. Naturalmente, Salvini non ci sta, un po’ perché ci fa, ed in po’ perché, “por nano” non capisce, non ci arriva proprio alla comprensione del legame istitutivo tra voto diretto e sovranità. L’elezione diretta dei rappresentanti del popolo europeo fonda la sovranità delle istituzioni comunitarie. In alternativa ci sono solo le conferenze dei capi degli stati sovrani o peggio il regime ibrido ed opaco della BCE.

Ormai si può dire: in questa campagna, il panorama nazionale ha oscurato quello europeo. Come davanti ad un prisma, il cittadino italiano, francese, danese, greco…. vede solo il colore della tessera nazionale di fronte a sé e tutto a questo riporta e commisura, non cogliendo la verità  filtrata dal fittizio mutare caleidoscopico: la luce è la stessa, bianca per tutti gli europei. Meloni, mentre briga per portare al governo di Bruxelles le bandiere del post fascismo, chiama gli italiani al plebiscito sul suo nome, sicura di vincere. 

Sarà contenta, dice, del 27% per riaffermare leadership e progetto “presidenzialista”. Un gioco abile e pericoloso. Come altri in passato, cerca di capitalizzare un consenso ancora ampio per legittimare la manomissione della Carta Costituzionale, coerente con l’idea di Europa che ostinatamente coltiva: nazioni divise eppure accomunate nel segno di valori autoritari, ferocemente individualisti, sordi ai diritti ed alla giustizia sociale. Lontana ed ostile alle visioni originarie di libertà ed eguaglianza, attorno a cui si sono formate le idee di Costituzione e di Europa Unita, non a caso sorte entrambe dalle rovine del nazifascismo di cui si mantiene erede, pur con beneficio di inventario.

Campagna personalizzata più di altre. “Io voto giorgia”, slogan al femminile, regressivo e suadente, lanciato da Meloni avendo soppesato per bene i sondaggi, quelli per sé ma anche quelli degli altri che hanno ritenuto vantaggioso un voto personale per restare in sella, o come si dice più educatamente, per proseguire il progetto. 

Se, alla fine il nome di Elly sul simbolo PD è finito nel cassetto con qualche malumore e strascico di troppo, la Segretaria PD è rimasta capolista di bandiera in diverse circoscrizioni, correndo il rischio, si spera ben ponderato, di fare il gioco di una Presidente del Consiglio che punta sulla personalizzazione del voto nel doppio intento di sbiadire il profilo europeo del voto e vincere il confronto con i leader nazionali.  Non si può dire che Schlein non ci metta l’anima, ma certo neppure che la questione europea sia stata messa davvero al centro della lotta politica in Italia. Il risultato sarà decisivo, come sempre.

Eppure questo voto europeo decide tanto. Per l’Europa e per le nazioni, per le persone e per gli stati, per le imprese e per il lavoro.

Contro la proposta nazionalista ed autoritaria delle destre, avremmo voluto vedere più coraggio nel proporre una nuova stagione della costruzione comunitaria, nel dichiarare la cittadinanza europea come l’unica sede, l’unico contesto, l’unica patria, dove davvero si possono difendere e rigenerare i valori fondamentali della nostra vita democratica: pace, diritti, lavoro, ambiente.  Se sovranità e cittadinanza nazionale iscritte nella Costituzione del ’48, oggi sono minate dalla forza devastante dei processi di globalizzazione in atto, solo il più esteso quadro comunitario può fornire contesto e risorse per difenderle ed irrobustirle ulteriormente, come sovranità e cittadinanza comunitarie.

La manipolazione sovranista ed ipernazionalista prova ad occultare la verità di un momento storico dove la possibilità degli europei di far valere identità, ideali ed interessi, non sta nella difesa di una sovranità nazionale sempre più svuotata di forza ma nella creazione di una nuova entità sovrannazionale europea. Non vi è ormai campo di attività economica, sociale, culturale, tecnologica, militare ed infine politica, che possa trovare vitalità e futuro se ristretto negli asfittici confini nazionali. Né il “tirare su muri” potrà ì cambiare i destini di un continente invecchiato, vampiro di giovane sangue extra europeo nelle fabbriche, nelle case e nel sociale, ma avaro di solidarietà e diritti.

Quale politica nazionale può essere davvero efficace allora se la gran parte dei processi e degli attori, che pur dovrebbe regolare come Ente Sovrano, si trova fuori dai suoi confini? Aldo Schiavone ha trovato parole esatte per fissare il concetto della sovranità europea come passaggio storico obbligato: “… c’è un’unica strada, per quanto ardua: la sovranità della politica potrà essere restituita non altrimenti che come sovranità di una cittadinanza almeno europea”.  

E il punto è proprio questo, solo la creazione di una statualità europea può difendere la cittadinanza, solo la cittadinanza europea può ridare nuovo fondamento alla sovranità.

Certo, hanno buon gioco Meloni e Wilders, Le Pen e Salvini, nel gridare in malafede  contro le tecnocrazie europee, e questo è il problema di fondo da affrontare. Tecnocrazie spesso prive di legittimazione democratica, la cui azione nasce e muore nelle segrete stanze delle mediazioni tra grandi poteri, o, nella migliore delle ipotesi, delle convenienze nazionali. Ma quale via d’uscita da questa cristallizzazione autoritaria se non la subordinazione dei processi deliberativi e delle decisioni alle rappresentanze europee elette dalla volontà dei cittadini di tutti i paesi?

Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Mentre le decisioni essenziali sul nostro presente e futuro vengono ostacolate o rinviate sine die, il contesto internazionale si aggrava e genera le condizioni in cui comunque la costruzione europea dovrà fare un deciso salto di qualità, pena l’irrilevanza non solo sua ma anche degli stati nazionali. La logica ferrea delle cose impone ai governi nazionali difesa comune, politica estera comune, iniziative comuni, e come si dice “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. 

Come sopportare oltre, non eticamente ma pragmaticamente, il diritto di veto del singolo stato quando impedisce il formarsi di una volontà politica adeguata ai valori ed agli interessi europei in gioco? Come ammettere ancora la “libertà” del capitale di scegliersi il regime fiscale nazionale più vantaggioso con enormi danni erariali? E come gestire equamente la transizione ecologica, se i produttori si localizzano dove sono “liberi” di inquinare senza vincoli e sanzioni ed a basso costo?  E così via.

Nessun Paese è forte abbastanza per rompere il folle schema di gioco iperliberista che da decenni consente ai pochi di lucrare enormi vantaggi a danno dei molti.

Di queste cose abbiamo sentito parlare poco, troppo poco in questa campagna elettorale. Eppure, mentre si celebra la Festa della Repubblica, Mattarella invita proprio a cogliere la connessione stretta tra il rafforzamento delle istituzioni comunitarie e la difesa della Costituzione che ancora regola la nostra vita nazionale. Domenica sera sapremo meglio dello stato delle cose e se le forze popolari e socialiste avranno trovato ancora il consenso per procedere avanti nel disegno comunitario o se le destre lo potranno impedire, scenario inquietante e gravido di avventure e rotture drammatiche.

E mentre ringraziamo il Presidente per le sue parole nette e forti, nasce la preoccupazione per un futuro che non lo vedrà più protagonista,

Giuseppe Ucciero

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  1. valentino ballabioPurtroppo la sovranità dell'Unione europea manca ancora di un rilievo costituzionale, essendo stato respinto il trattato del 2004 che adottava la pertinente Costituzione dai referendum di Francia e Paese Bassi. Pertanto il “rafforzamento delle istituzioni comunitarie” invocato dal Presidente manca ancora di una Carta fondamentale. Circa la “preoccupazione per un futuro che non vedrà più Mattarella protagonista” si può sempre contare su un suo terzo mandato!
    5 giugno 2024 • 18:20Rispondi
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