21 maggio 2024
UNA PASSEGGIATA CREATIVA AL “PORTO DI MARE”
E se il rinascimento milanese passasse di lì?
21 maggio 2024
E se il rinascimento milanese passasse di lì?
La scorsa fine settimana, il Piccolo Teatro, nell’ambito del Festival internazionale di teatro, ha promosso una interessante iniziativa civica in collaborazione con il Politecnico: una passeggiata didattica e progettuale con i cittadini attraverso quello che fu il ‘Porto di Mare’, alla periferia sud della città, tra il Corvetto e l’Abbazia di Chiaravalle.
Il tema
Il tema di fondo dell’evento è il rapporto tra il sapere scientifico, rappresentato dal Politecnico e l’emergenza, ossia il sapere creativo, rappresentata dal Piccolo, i due ingredienti sulla carta dovrebbero produrre una alto valore sociale: un contributo di progettualità da parte dei cittadini presenti.
Il luogo
Il luogo da cui parte l’iniziativa è emblematico: l’ex cascina di Nosedo, il cui recupero è durato almeno quanto la tessitura della tela di Penelope, con relativi costi, e la gestione (con i relativi costi) affidata (in parte) al Politecnico, che, sulla carta, attraverso il suo uso intensivo, dovrebbe produrre un turbine di idee innovative.
La gestione del Poli, denominata con una serie di termini anglosassoni, “Off Campus” parte del programma ‘Polisocial’, è illustrata quale parte di una rete di siti periferici in cui docenti, ricercatori, e studenti possono sviluppare attività didattica, naturalmente innovativa, di ricerca, ovviamente responsabile, e, manco a dirlo, di ‘co-design’, per produrre un inderogabile impatto positivo sulla collettività.
Malgrado il pomposo enunciato i locali fanno mostra di una serie di elaborati sul futuro del Porto di mare che evocano contenuti progettuali che non è facile coniugare con la ricerca, ma piuttosto con i consolidati metodi di articolazione funzionale del territorio, illustrati con la descrizione in ‘architettese’ delle proposte; insomma la cavalcata di eventi dirompenti che investe la nostra metropoli non sembra aver interessato più di tanto il ‘Polisocial’.
Il racconto
Il racconto che fa il Piccolo Teatro della storia del “Porto di mare” patisce della debolezza del partner scientifico: i giovani attori sono brillanti e molto immersi nel loro ruolo di agenti sociali, ma il racconto sulle vicende dell’area, iniziate nel primo ‘900, si ferma alla costituzione dell’ente per il canale navigabile, per continuare con una proposta futuribile in cui il “mare di Milano” diventerà approdo di una immaginifica nave felliniana, la cui struttura evoca i panottici della speculazione in cui vivono (a caro prezzo, individuale e sociale) gli studenti delle università milanesi: gli ‘studentati’, il cui termine autarchico evoca un modello, al tramonto, di istruzione di massa.
Non sono citati nel racconto i grandi valori che caratterizzano la storia di quel sistema urbano.
Quello della civiltà al “tempo della Chiesa”, testimoniato dall’Abbazia di Chiaravalle e dai monaci circestensi.
Quello della civiltà al tempo del riscatto sociale dello sviluppo industriale nel secondo dopoguerra, visibile nell’insediamento di Metanopoli, testimonianza del progetto economico e sociale di Enrico Mattei, di riscatto inclusivo dell’intera nazione dopo il fascismo, da cui non poteva essere escluso neppure il comfort per il camionista, grazie al mirabile insediamento progettato dall’arch. Bacciocchi.
Infine, il valore di uno sviluppo compatibile con la natura, testimoniato dal segno dell’acqua, che attraverso il canale che partiva dall’Adriatico, avrebbe raggiunto il nodo di Milano, il Porto di Mare appunto, per proseguire poi fino a Locarno.
Questo mito è stato vivo fino agli anni ‘70 del secolo scorso, un mito potentissimo, che rendeva reale la possibilità di uno sviluppo biocompatibile rispetto a quello aggressivo contro la natura, il trionfante percorso della vicina Autostrada del Sole.
La passeggiata
A questo punto gli attori del Piccolo teatro accompagnano i cittadini in un percorso di rovine, fatto di macerie e di degrado della natura; è sparito il laghetto, testimonianza del progettato approdo, ma l’acqua con la forza dirompente delle resorgive, nel suo emergere qua e la, sembra rivendicare il suo valore fondativo. L’epoca dei valori, del tempo dei monaci, del tempo dell’industria, è stato soppiantato dall’epoca delle balere, “Il parco delle rose” prima, poi il Karma-Borgo del tempo perso, oggi dovrebbe essere “Il parco della musica”, dove la balera si dovrebbe coniugare con piscina e padel.
Una visione caricaturale del verde e dello sviluppo, dove l’unico ruolo della natura sarebbe quello di compensare il dissennato carico ambientale dello sviluppo edilizio, nel nostro caso quello della speculazione sull’ex scalo di Porta Romana, trainata dal villaggio per le olimpiadi invernali 2026 , che con poca fantasia sarà in parte studentato (a proposito qualcuno si è premurato di contare i villaggi olimpici per le olimpiadi 2026, potrebbero anche essere più numerosi degli atleti, e che dire dell’improvviso amore per gli studentati?).
Epilogo 1.
Il percorso fa sosta in un baraccamento brillantemente recuperato a centro di ospitalità e ristorazione gestito da immigrati, il Ciq, ed i cittadini partecipanti all’evento sono invitati a dare un contributo creativo alla progettualità con schizzi creativi.
La mia riflessione è che scopo di ogni progetto è lo sviluppo del capitale umano in sinergia con i valori di tutti i viventi. Quindi il problema, ispirato dalla storia del luogo, è che la cultura dell’ospitalità, dell’accoglienza dovrà essere il motore del progetto. Meglio sarebbe dunque che la cascina di Nosedo anziché affidata ad uno stanco Politecnico fosse assegnata all’accoglienza dei nuovi immigrati, per lo sviluppo di nuovi saperi, in grado di dare continuità alle culture del tempo della Chiesa e dell’Industria, un tempo lì dominanti. In sinergia con i valori della natura, un recupero quindi finalizzato anche al ripensamento del ciclo alimentare urbano, per una nuova sinergia fra uomo ed ambiente.
Epilogo 2
I cittadini sono stati ‘agenti’ nell’elaborare nuove idee, sono emersi forse nuovi paradigmi di relazione fra sviluppo ed ambiente. E il ruolo dell’arte? E’ sintomatico che il teatro abbia guidato questo percorso in presenza di attori civici, l’università, il comune, in crisi. E se il Piccolo fosse in grado di rinnovare i fasti di “ Milanin Milanun” con un ripensamento proattivo e coinvolgente delle vicende della nostra città che ha sempre arrancato per diventare metropoli? E se la passeggiata lungo le macerie del Porto di mare fosse una tappa del rinascimento civico della nostra città?
Giuseppe Longhi
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