7 maggio 2024

MILANO: TRE EVENTI, UN’AGENDA DI RINNOVO DEMOCRATICO

Che valore hanno le dimostrazioni di piazza?


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Nello scorso mese di aprile la nostra metropoli è stata investita da tre eventi che hanno coinvolto una notevole massa di cittadini: il Salone internazionale del mobile, la parata della squadra locale per celebrare la vittoria nel campionato di calcio, la celebrazione dell’anniversario della Liberazione.

La dinamica dei tre eventi, nella sua eterogeneità, è una significativa rappresentazione dello  stato di salute della nazione e della metropoli.

Bisogna prendere atto che l’attrazione della celebrazione dell’anniversario della Liberazione è di gran lunga più bassa di quella della manifestazione commerciale, 361.000 presenze in una settimana, il boom spetta alla parata dei calciatori, 300.000 presenze in un giorno (secondo il Corrierone, forse un po’ esagerando) per lo più di persone in giovane età, mentre sono 100.000 le persone, ahimè di età tendenzialmente avanzata,  che sfilano per ricordare e sollecitare il rinnovo degli ideali della Liberazione.

Riguardo al fuori salone del mobile, ormai ridotto in gran parte a una fiera del futile che poco ha a che fare con il settore dell’arredamento, opportunamente la rivista Domus sottolinea l’assenza di Margarite Wollenberg, la geniale organizzatrice olandese che una decina di anni fa insegnò alla comunità economica  ed ai pubblici amministratori che il valore del prodotto finale è indissolubilmente legato  allo sviluppo del capitale umano. 

Da qui la creazione del fuori salone a Lambrate, un’area allora negletta, trasformata in nodo di attrazione di giovani del nord Europa a cui veniva offerta ospitalità, forme di apprendimento innovative e possibilità di esporre, a prezzi contenuti. La Wollenberg insegnò che un quartiere in declino non si rivitalizza con la speculazione edilizia  (la rigenerazione edilizia in stile ambrosiano), ma con il suo inserimento in una rete di complesse relazioni internazionali. Ma complessità è  un termine ostico negli ambienti culturali, economici e sociali nostrani, così dopo aver promosso e gestito il successo di Lambrate, la  Wollenberg è stata accompagnata alla porta, attraverso l’aumento esoso degli affitti e l’assenza di investimenti in nuove infrastrutture, sopratutto cognitive.

La sfilata della squadra di calcio locale per le vie della città è rappresentativa di alcune caratteristiche strutturali della nazione. Bisogna premettere che la squadra ha fatto sfracelli a livello nazionale, ma è poca cosa a scala internazionale, infatti è stata eliminata alle prime fasi della Champions League. Dunque la vittoria nel campionato nazionale è nello stesso tempo testimonianza dei fenomeni di polarizzazione che investono la nazione, alla pari della sua irrilevanza nel contesto internazionale. La gestione economica della squadra non è certo un modello, per rimpinguare le casse pensa di sviluppare una iniziativa immobiliare che pesa in modo esponenziale sul carico ambientale. Ma bisogna ammettere che il popolo è gaudente alla visione ravvicinata dei calciatori,  così come è indifferente alle passività economiche ed ambientali che genera l’amato spettacolo calcistico.

La sfilata e la piazza per la celebrazione dell’anniversario della Liberazione si sono trasformate in una perfetta rappresentazione delle asimmetrie che caratterizzano la nostra società e dell’incapacità di governarle. Il corteo si dipana ma non ha un centro (il tradizionale palco) dove confluire, così al suo arrivo nella piazza si dissolve. Nella piazza sono rappresentate le policrisi che investono la nostra società, ciascuno in ordine sparso reclama le sue ragioni (più vivaci i palestinesi, meno, secondo costume, gli ucraini), l’attenzione, ad essere sinceri, non è al massimo. Il palco è stato sostituito con una piattaforma recintata di cui le autorità si fanno baluardo, ignorano le policrisi, il loro discorso è asincrono rispetto all’arrivo del corteo, in sintesi: parole al vento.

I discorsi non sono memorabili, omaggio di rito al sacrificio dei partigiani, il Sindaco di Milano promette vigorosamente di contrastare la paventata modifica costituzionale (ma non dice con quali strumenti). Nei brevi omaggi di rito manca qualsiasi riferimento ai cambiamenti che ha dovuto e dovrà affrontare la nostra democrazia e non sono cose da poco.

E’ cambiato il concetto di sovranità, alla sovranità analogica si è accompagnata con peso crescente la sovranità digitale, ma qualche autorità se ne è accorta? 

L’inverno demografico ha reso impellente il dialogo con immigrati di ogni cultura e colore, ma la risposta è transennarsi nei box delle vecchie istituzioni?

Gli anni a partire dal secondo dopoguerra sono stati gli anni della grande accelerazione nel consumo delle risorse e nell’inquinamento ambientale, ma la risposta è la grande accelerazione nella speculazione edilizia? O il costruire il villaggio per le olimpiadi invernali in una città di pianura che più piatta di così non ce n’è?

Il partigiano si è battuto per il rinnovo del valore della convivenza, ma la risposta è il debito buono? O il 101 con la rappresentazione del degrado dei corpi professionali, produttivi e amministrativi? O la periodica serie di morti sul lavoro che neppure Dario Fo nella sua versione più immaginifica poteva immaginare?

Gli oratori semplicemente ignorano il presente, preferiscono mimetizzarsi, alcuni iniziano a farsi chiamare per nome. Pierino, Maria, Carletto, Giorgia, ….., avvertendo con questo che il rinnovo  dell’infrastruttura democratica non è una priorità, l’obiettivo reale è l’uomo o la donna sola al comando.

A questo punto il Partigiano deve tristemente prendere atto che con la decadenza delle virtù repubblicane, ossia dell’orientamento generale verso il bene comune  ed il rispetto reciproco, l’avidità più volgare si è  impadronita di tutti gli attori dell’agone sociale. 

Ma il Partigiano non demorde, se da Milano è partito il riscatto democratico, da Milano deve partire un forte segnale di rigenerazione democratica, sollecitando la progettazione di una città ‘giusta’, ossia in grado:

– di proporre una dimensione geografica che superi la storica frammentazione, sia comunale che metropolitana, a favore di una dimensione, quella della bio regione che permetta l’armonica gestione di tutte le risorse, umane e naturali;

– di socializzare le risorse naturali residue come beni comuni;

– di superare un rapporto coloniale con le altre regioni, costruito sulla sottrazione di risorse,  a favore di un rapporto condiviso, finalizzato allo sviluppo dei partner commerciali;

– di  sviluppare una coscienza collettiva capace di rinnovare lo storico  principio dell’accoglienza e sensibile all’urgenza e all’imperativo di agire.

Sarà dura, come sempre, per il Partigiano, ma identificare un’agenda d’azione per una rapida rigenerazione democratica è un impegno socialmente non eludibile.   

Giuseppe Longhi

 



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  1. valentino ballabioInteressante l'analisi ma indefinita la proposta. Se la bio regione da espressione geografica, per dirla con il Metternich , vuole divenire un'entità istituzionale necessita di tre fattori costitutivi: il territorio, la governance, le competenze con le relative risorse. Se non si chiarisce chi deve fare che cosa e dove, temo che restiamo nel “campo delle cento pertiche”, appunto!
    8 maggio 2024 • 16:21Rispondi
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