21 novembre 2020
L’UOMO CHE PIANTAVA ALBERI
Alla ricerca di un verde democratico
La città ideale del dopo pandemia sarà esattamente uguale a quella di prima, purtroppo. Ci si continuerà a concentrare, a stare assieme, in tanti e soprattutto vicini, “densi”. E’ la condizione, la sinergia perversa della nostra società di Homo Sapiens; di una specie destinata a mangiarsi, con metodo, il pianeta fino all’ultima risorsa disponibile. In cosa si è sbagliato, e quali modifiche bisognerà attuare, per vivere le città nel “dopo pandemia”.
Dalla Milano, “blindata” dai criteri coloristici imposti con il D.P.C.M 6/11/2020, risulta lapalissiana la richiesta, “dal basso”, di spazi verdi orizzontali di qualità, di “vuoti urbani”. Basta frequentare in un qualunque giorno della settimana, e soprattutto durante i fine settimana nel periodo di “clausura” un parco pubblico; i milanesi si riversano nel verde, alla ricerca del conforto della natura, di quel “vuoto” troppo assente all’interno della città, e delle condizioni ottimali per il distanziamento sociale, che i piani urbanistici, per decenni, non hanno saputo garantire, puntando su una esagerata densificazione abitativa, che di fatto ha saturato le ultime aree libere disponibili. Così facendo si sono pure, non rispettati, i rapporti legislativi a standard, tra verde pubblico ed abitanti.
I frequentatissimi Giardini Pubblici di Porta Venezia, sabato 7 novembre 2020, ore 11,30.
Piazza Cavour sempre sabato 7 novembre 2020, alle 11,45 completamente vuota.
Via Palestro il 7 novembre 2020, ore 11,45 con pochissimo traffico e gente.
Parco Nord Milano, Passerella Clerici, 7 novembre 2020, ore 15,00.
La suggestione “verde”, da offrire ai cittadini, portata avanti dalla Giunta Sala, è quella di una immagine della Milano futura, da “orto botanico”. Una città amministrata da un Sindaco/Giardiniere che propone la “verzura” come nascondimento e come unica soluzione per tutti i problemi di Milano: inquinamento, pandemia, densità, surriscaldamento, ecc..
L’autunno è certamente il periodo migliore, data la pausa vegetativa, per piantare gli alberi, ecco quindi, la “macchina del marketing verde” della Giunta Sala, si scatena nella realizzazione del “progetto ForestaMi”. Oltre 3 milioni di alberi da piantare entro il 2030, in realtà esili “spaghetti arborei”, destinati a produrre ossigeno e ad immagazzinare CO2 tra qualche decennio, una volta cresciuti. Manifesti ovunque, il 2030 è vicino, come sono vicinissime le Amministrative 2021.
MM1 Manifesti per invitare la popolazione milanese a partecipare al progetto “ForestaMi”
Il PGT 2030 prevede la realizzazione di 20 nuovi parchi, però legati a piani urbanistici, soprattutto negli ex scali ferroviari milanesi, atti a densificare ed a “grattacielare” ulteriormente la città. Lo scopo, è quello di fare “volume”, tanto cemento per gli immobiliaristi, importare nuovi residenti laddove la densità urbana è da decenni “alla frutta”. I cittadini/elettori, vengono sistematicamente abbacinati con una “massiccia suggestione verde”, per nascondere un’urbanistica, più che altro ormai delegata completamente agli immobiliaristi privati ed alle banche: d’altronde così si è fatto per decenni.
Oggi Milano, ha molti “luoghi apparentemente pubblici”, e soprattutto molti giardini, appartenenti a questa categoria, che sono il prodotto del ricorso sempre più diffuso alla compensazione degli “oneri di urbanizzazione”, dei privati, attraverso la costruzione di “opere di urbanizzazione”, cioè opere di utilità pubblica come: piazze, giardini, musei, scuole, parcheggi, ecc..
Il circolo “perverso” è però il seguente: un terreno adiacente ad un complesso edilizio privato diviene giardino mediante l’uso virtuale di denaro pubblico, attraverso la formula della concessione (caso emblematico la manutenzione nel caso della Biblioteca degli Alberi Milano – BAM), ritorna così nelle mani del privato che ha interessi immediatamente contigui (uffici, case, negozi, ecc.) e lo trasforma in un’appendice tesa a valorizzare ulteriormente il bene di consumo che ha costruito.
La repressione delle libertà individuali e collettive, attuate dal gestore privato, in questi “luoghi in uso pubblico” (contegno, orari, sicurezza, eventi, ecc.) ha uno scopo puramente funzionale a conservare al meglio i vantaggi di chi ha costruito, e non risponde, se non minimamente, ad una effettiva e piena valorizzazione sociale, democratica e per tutti, di quei luoghi.
Semplicemente, il bene pubblico non esiste più. Esso è concepito in funzione di un interesse privato (come ad esempio: migliorare la vista degli appartamenti di lusso che su di esso di affacciano oppure allontanare fonti di disturbo come traffico, mercati rionali, aggregazioni spontanee, ecc.), e in tale ottica deve essere protetto, anche col ricorso alla forza privata e pubblica, se necessita.
Bisogna tornare, nel progettare il post-pandemia urbano, ad un riequilibrio corretto tra spazio pubblico e spazio privato, tra pieni e vuoti urbani, che era la norma delle primissime idee di città moderna. Bisogna che il pubblico torni, in autonomia, a progettare la città, secondo i voleri dei cittadini/elettori, senza che questo processo sia assoggettato, vincolato, ai desideri del privato. Chissà se il Sindaco/Manager/Giardiniere, Giuseppe Sala è in grado di fare questo, rendendosi degno di essere ri-votato?
Dario Sironi
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