4 agosto 2020
FRENARE L’ANSIA DEL DIRE E DEL FARE
È tempo di attente e libere riflessioni
4 agosto 2020
È tempo di attente e libere riflessioni
Perché non fermarci un attimo a riflettere? Sembra che ci sia un’ansia insopprimibile di descrivere fin da subito quale sarà il futuro nostro e delle nostre città. Forse dovremmo aspettare ancora qualche tempo per capire con quali mutamenti definitivi dovremo confrontarci, ammesso che si trovi un vaccino e quindi la pandemia possa ritenersi vinta.
Ci sono però alcuni dati rilevati che mettono in crisi radicate convinzioni ad esempio in materia di qualità dell’aria: durante la fase più dura del lockdown le polveri sottili a Milano non sono scese nonostante la quasi totale assenza di traffico urbano. La stessa cosa è emersa per l’ozono nell’aria pochi giorni orsono.
Ho l’impressione che molte altre convinzioni di questo genere saranno seriamente messe in crisi ed è anche per questo che insisto sulla necessità di una pausa di riflessione che riguardi quasi tutti gli aspetti della vita e del futuro delle città.
La pausa di riflessione dovrebbe permetterci di fare i conti con noi stessi e con le nostre idee, con i nostri preconcetti e liberarci dalla tentazione di dare sempre ragione agli amici e sempre torto agli avversari, qualunque cosa dicano.
Il verde urbano è uno dei temi rispetto ai quali bisogna trovare pensieri nuovi e olistici e non identificarlo semplicemente con la quantità in metri quadri di verde per abitante come unica espressione di una politica “verde”.
La politica verde non si misura in metri quadri ma in un insieme di strategie e riflessioni che, messi gli uomini e le donne al centro, determinino e indirizzino tutti gli interventi sulla città, ossia come diciamo da sempre: vita sociale, vita economica, vita di relazione, vita spirituale e culturale, vita salubre in un costante sforzo di riduzione delle disuguaglianze.
Se invece restiamo al verde urbano nel senso stretto della parola, in questo caso per Milano, sarebbe interessante avere maggiori dettagli descrittivi dell’operazione Forestami , il famoso piano per 3 milioni di alberi entro il 2030, progetto la cui responsabilità e paternità è stata assegnata ad un gruppo forse troppo ampio di professionisti a partire dal piano di comunicazione: il vecchio proverbio dei molti padroni che fanno morire di fame il cane è sempre lì.
Resta poi il problema della manutenzione del verde e in qualche caso della modestia della sua progettazione. Guardarsi intorno non sarebbe male, magari solo alla vicina Svizzera ma anche ricordarsi nei bilanci comunali di inserire una quota sempre maggiore di investimenti per la manutenzione di quello che c’è e di quello futuro.
Il parco MFO di Zurigo
Ci sono molte questioni su cui riflettere, per esempio il rapporto tra lavoro da remoto e traffico urbano in una città che vedeva arrivare 600 mila automobili di pendolari.
Quanti di questi pendolari alla fine del lockdown opteranno per il lavoro da remoto? Obbiettivamente i pendolari sono i più interessati a farlo a patto che i rispettivi datori di lavoro siano d’accordo. Forse la stessa riflessione la faranno alcuni professionisti. Quando questa situazione si stabilizzerà?
Le continue limitazioni all’ingresso delle automobili in città, fatto positivo in assoluto, spingerà in direzione del lavoro da remoto ma con ricadute pesanti sulle strutture di ristorazione nella pausa pranzo.
Il lavoro da remoto ha aperto il dibattito sulla socialità nei posti di lavoro e nello steso tempo il suo diffondersi mette in crisi gli immobili del terziario, magari proprio quelli che hanno determinato il nuovo skyline di Milano, i famosi grattacieli.
A proposito di questi ultimi Richard Sennet, tra i più autorevoli intellettuali del nostro tempo, visiting professor di Urban Studies al Massachusetts Institute of Technology e senior advisor per il programma dell’Onu su cambiamento climatico e città, ne mette in dubbio l’utilità e l’opportunità e affronta il problema del rapporto tra densità edilizia e salute, dichiarandosi favorevole ad una urbanistica “aperta”.
Della stessa opinione gli studiosi del Politecnico di Zurigo che da tempo si interrogano sulla forma della città e più in generale di una urbanistica che guardi al futuro e su questo tema si è anche impegnata da molto la Fondazione Barilla.
La convinzione generale è che l’unica via per affrontare un futuro nel quale i cambiamenti non saranno di tipo lineare è pensare a una città “flessibile”, in grado di adattarsi rapidamente alle necessità della sua popolazione.
A questa considerazione ne segue certamente un’altra: non impegnare le risorse territoriali ancora disponibili determinandone l’uso in maniera frettolosa e con strumenti di programmazione rigidi come sono i Piani di Governo del Territorio sin qui adottati.
Dunque una riflessione libera, responsabile e politicamente corretta.
Luca Beltrami Gadola
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