In un precedente articolo abbiamo sollevato, forse con inevitabile indiscrezione, i primi cinque veli che ricoprono il torturato corpo del fiume Seveso, in territorio di Milano intombato in stretta camicia di Nesso, di cui si libera, ahimé non di rado, disarginando e dirompendo nell’afflitto quartiere di Niguarda; abbiamo guardato oltre il velo alla miseria culturale, tecnica e politica del piano AIPO delle grandi vasche di laminazione, che dovrebbero contenere le esorbitanti acque di uno dei fiumi più inquinati e puzzolenti d’Europa; abbiamo tentato di sbirciare un poco oltre il velo di una comunicazione manipolatoria che, senza paura del ridicolo, spaccia per “ameni laghetti” gli indecenti padelloni che dovrebbero riempirsi di acque di fogna.
Abbiamo provato a mostrare i contorcimenti della politica, anche di quella che in teoria avrebbe buone intenzioni e che, di fronte all’evidente insensatezza delle proprie scelte, si nasconde dietro al più irritante “è ormai troppo tardi” (ma di chi è la colpa se sono passati quattro anni e non avete combinato nulla? In fondo, però, non aver combinato nulla, potrebbe essere pure un vantaggio!); infine, abbiamo provato a scostare il quinto velo, che ricopre l’abusivismo sistematico (secondo la procura di Milano, su ben 1505 scarichi, quelli non autorizzati sono 1.420!) ma anche l’inerzia dei pubblici poteri che la legge dovrebbero fare rispettare.

Ora, con impaziente gesto, solleviamo gli ultimi due veli, il sesto e il settimo assieme, in un sol colpo. Ben inteso, alla fine non ci apparirà nel suo splendore il corpo della bella e sinuosa ballerina berbera, sognata all’inizio dell’altro articolo. Si mostrerà solamente, agli occhi degli eventuali lettori, la proposta dell’Associazione Amici Parco Nord (che da anni si batte per evitare al Parco Nord uno scempio) che qui cerco di sintetizzare. E’ una proposta non integralista, anzi di mediazione, pertanto è un ibrido che cerca con realismo di tener conto delle diverse posizioni e di salvare alcune delle scelte fin qui compiute; che auspica una possibilità di incontro dopo una esasperata conflittualità, facendo avanzare il nuovo (l’Invarianza Idraulica) almeno in parte, almeno un poco. Mettere Milano, Niguarda e i comuni a nord, all’asciutto è un imperativo a cui nessuno comunque può sottrarsi.
Questa proposta in cinque punti può essere realizzata contemporaneamente e in capo a tre anni raggiungere il pieno risultato.
- Pulire il fiume Seveso: è la prima mossa. Finora umiliato e offeso, deve tornare alla sua naturalità e alla sua bellezza, restituito al paesaggio e alla sua funzione naturale di adduttore di acqua pulita a beneficio della natura e della agricoltura. Occorre, in questa terra finora di nessuno, portare la legge, in particolare la legge quadro nazionale 152/2016 e la legge regionale n. 4/2016. La prima detta limiti, modi e parametri per avere licenza di scaricare nel fiume, ed è stata totalmente disattesa finora, come dimostra l’inchiesta della Procura di Milano; la seconda prescrive, ai fini della prevenzione dei dissesti idrogeologici, l’adozione dei criteri dell’Invarianza idraulica e idrologica e del drenaggio urbano sostenibile. L’attuale condizione del fiume, il suo abbandono da parte dei poteri costituiti e il suo cinico sfruttamento, è uno scandalo ognora intollerabile. Comunque, dovrebbe esser chiaro alla Regione Lombardia, all’autorità di Distretto, al Comune di Milano, che prima di qualsiasi altra opera, per diritto e per coscienza, dovrebbe porsi mano alla bonifica del fiume. Occorre perciò chiudere o regolarizzare gli scarichi abusivi, mettere fine all’immissione di reflui fognari diretti, che non siano cioè previamente sottoposti al processo di depurazione.
- Completare il raddoppio del canale scolmatore di Nordovest. E’ la seconda mossa. Fino a poco più di dieci anni fa, il raddoppio dello scolmatore rappresentava l’unica opera prevista per la prevenzione delle esondazioni. E’ stata realizzata in parte, spendendo 12 milioni di euro, nel tratto Palazzolo-Senago e poi è stata interrotta. La Regione e la Provincia, che era l’ente attuatore dell’opera, hanno ad un certo punto cambiato rotta e sono passati alla strategia delle vasche di laminazione. Questo passaggio è stato la conseguenza del (giusto) rifiuto, da parte dei comuni dell’Abbiatense e del Ticinese, di accettare col raddoppio del canale anche il raddoppio delle immissioni nel Ticino delle acque sporche e inquinate del Seveso. Sicché, invece di avviare finalmente la pulizia del fiume e continuare l’opera di canalizzazione intrapresa, la Regione Lombardia ha pensato alle vasche di laminazione come sistema per scolmare le piene, accatastando enormi quantità di acque puzzolenti e inquinate a ridosso dei centri urbani e nei parchi regionali. In ogni modo, se e quando il Seveso dovesse tornare finalmente un fiume pulito nel rispetto della legge, cadrebbe ogni ostacolo al proseguimento del raddoppio del canale, e quindi assieme cadrebbe ogni necessità di realizzare la vasca di Senago. Questo sarebbe un risultato straordinario che metterebbe fine ad un conflitto annoso e inenarrabile, restituendo serenità ai cittadini e alla amministrazione senaghesi, nel rispetto del loro territorio e del parco regionale delle Groane.
- Costruire subito la Vasca di laminazione di Lentate sul Seveso. E’ l’unica delle cinque vasche del Piano a non aver incontrato difficoltà sul suo percorso: l’Amministrazione di Lentate la vuole e i cittadini di quel comune non hanno frapposto resistenze, anche perché a monte le acque del fiume sono ovviamente meno compromesse che a valle. Il progetto definitivo è stato approvato, i finanziamenti ci sono, entro due anni questa vasca da 815 mila mc può entrare in funzione, prima di qualsiasi altra, dando sollievo a tutto il sistema e tranquillità ai territori esposti agli allagamenti.
- Realizzare le Aree golenali di Cermenate e del Canturino. Sono previste dal Piano AIPO, sono una soluzione preziosa, perché possono raccogliere fino a 400 mila mc di acque del fiume, che a quell’altezza sono ancora pulite. E’ la risposta naturale (che il fiume avrebbe trovato da sé, se non ci fosse stato il dilagare dell’urbanizzazione selvaggia), e ci sono anche i soldi. Difficoltà non ce ne dovrebbero essere di nessun tipo, e quindi non si capisce perché finora non si sia proceduto alacremente alla sua realizzazione. Consideriamo peraltro che queste aree golenali hanno quasi due volte la capacità della vasca del Parco Nord!
- Partire con le Opere di invarianza idraulica. Nel 2011 è stato presentato pubblicamente, in una affollata assemblea a Niguarda, da parte di IANOMI (l’allora gestore – oggi è CAP, Consorzio Acque Potabili – del servizio idrico integrato, nonché gestore del depuratore Bresso-Milano) il progetto per la costruzione, all’interno dell’area del depuratore, di una vasca volano, cioè di acqua pulita di pioggia, di circa 80/100 mila mc. Non si capisce perché questo progetto poco impattante e di considerevole portata, sia finito nel dimenticatoio. Ciò non toglie però che oggi possa essere disseppellito e diventare la prima opera significativa in attuazione della nuova legge regionale. I 100/150 mila metri cubi mancanti (a pareggiare i 250 mila della vasca di laminazione nel Parco Nord) possono essere recuperati con altre opere di invarianza e di drenaggio: una vasca di acqua di pioggia pulita all’interno del Parco Nord, accanto al velodromo; altri interventi minori di contenimento e raccolta delle acque in altre zone di Bresso; nonché un programma di interventi mirati alla de-cementificazione e de-impermeabilizzazione di numerose superfici urbane. Va sottolineato, a questo punto, l’impegno del sindaco di Bresso e dei suoi colleghi di Cinisello, Cusano e Cormano, che con l’assistenza tecnica di CAP, stanno dando vita, primi in Regione Lombardia, ad un vero Piano per l’Invarianza.

Della super vasca nell’area ex industriale della SNIA di Varedo (risultato della fusione delle previste Vasche di Paderno e di Varedo), che da sola dovrebbe stoccare la metà dell’intero Piano AIPO, si sa poco. Per costruirla occorrerebbe prima l’abbattimento e lo smaltimento degli edifici industriali, ancora tutti in piedi, nonché la bonifica dei vasti terreni. Tempi e costi enormi, stanziamenti per ora inesistenti. Secondo me è un’opera messa su un binario morto. Comunque, qualora quella vasca si volesse davvero realizzarla, si andrebbe a tempi più lontani. Intanto, è meglio ragionare su quello che concretamente possiamo fare oggi.
La proposta che abbiamo esposto ha molti pregi: è sufficiente a salvaguardare Niguarda e il Nord Milano dalle esondazioni, è concreta e fattibile, risparmia tempo e denaro, e inoltre non va dimenticato che i quattrini stanziati per la costruzione delle vasche di Bresso e di Senago, 60 milioni, potrebbero servire ad avviare finalmente il Piano regionale dell’Invarianza.
Per cui, perché scontrarsi se è possibile venirsi incontro? Perché distruggere territorio, paesaggio e parchi, se si può evitare? Perché esporre i cittadini al rischio della salute, invece che proteggerli?
Arturo Calaminici
12 commenti