20 febbraio 2018
I 12 PUNTI DELLE DONNE
Farsi sentire in campagna elettorale
Nessun Paese al mondo ha raggiunto la parità di genere. Secondo l’ultimo Global Gender Gap Index del World Economic Forum, mentre nel campo dell’istruzione e della salute i divari di genere sono globalmente inferiori al 5%, in ambito economico resta da chiudere il 41% del divario e in ambito politico ben il 77%. In Italia la situazione è particolarmente critica: siamo all’82esimo posto su 144 paesi analizzati, l’ultimo anno abbiamo perso ben 32 posizioni, e siamo al 117esimo posto quando consideriamo solo la dimensione economica. I dati sull’occupazione femminile sono allarmanti: meno di una donna su due in Italia lavora, una su tre se consideriamo solo il Sud del paese.
Come anche in altri Paesi, ormai le donne italiane sono mediamente più istruite degli uomini. L’istruzione è un indicatore positivo: le donne istruite hanno più probabilità di lavorare, di tornare al lavoro dopo la nascita di un figlio, di progredire nella carriera, di avere un reddito adeguato lungo l’intero arco della loro vita e anche di avere un maggior peso decisionale all’interno della coppia.
Eppure l’istruzione sembra non bastare a realizzare la parità di genere sul mercato del lavoro, nell’economia e nella società. E le conseguenze non sono solo una questione di giustizia e di diritti, ma un vero e proprio spreco di talenti, che secondo il Fondo Monetario Internazionale costa all’Italia il 15% del PIL. Un problema economico dunque che riguarda l’intero Paese. Ma da cosa dipendono i nostri ritardi in tema di parità di genere?
E’ difficile pensare ad un’unica causa scatenante, si tratta piuttosto di un contesto generale poco favorevole al lavoro femminile con radici culturali profonde. Per esempio, all’interno della famiglia la condivisione tra uomini e donne dei carichi di cura -bambini, anziani – è ancora scarsa, e le donne, anche quando lavorano, svolgono la maggior parte del lavoro di cura. Nell’ambito aziendale poi, resta forte la preferenze delle imprese per l’assunzione e promozione di uomini, che ci si aspetta dedicheranno più tempo e impegno al lavoro, proprio perché si occupano meno della famiglia.
E’ dunque necessario creare un contesto favorevole per non sprecare il grande investimento in capitale umano femminile che possediamo. In questo le istituzioni svolgono un ruolo importante, poiché sono quelle che possono aiutare a creare un contesto più favorevole per l’occupazione e le carriere femminili.
Per questo abbiamo lanciato l’iniziativa #Maipiusenza che chiede ai candidati a qualunque livello di amministrazione di aderire a un piano organico per l’inclusione delle donne nella società. Un piano d’azione di 12 punti, linee guida che affidiamo all’attenzione della politica e di chiunque sarà eletto alle prossime elezioni. La campagna è aperta a tutti i cittadini ed è possibile aderire qui.
Il piano include misure per favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in particolare delle madri, e favorire il rientro delle madri al lavoro dopo la nascita dei figli. Proponiamo misure che promuovano la condivisione dei carichi di cura tra padri e madri attraverso un mese di congedo di paternità obbligatorio (attualmente sono solo 4 giorni) retribuito allo stesso livello di quello materno, da fruirsi entro il primo anno di vita del bambino, con l’obiettivo di coinvolgere i padri nella cura dei bambini. Una maggiore condivisione della cura infatti è fondamentale per sbloccare la rigida divisione dei ruoli tra uomini e donne esistente nel nostro Paese, che ostacola il lavoro femminile. Proponiamo anche sgravi fiscali totali rispetto alle spese di cura sia per i figli sia per gli anziani ed i disabili a carico di uno o entrambi i coniugi quando lavorano entrambi. Proponiamo di investire negli asili nido, ancora troppo pochi e troppo cari nel nostro Paese, in particolare al Sud. Sempre al Sud, è inevitabile constatare che, in assenza di tempo pieno nelle scuole elementari, gli ostacoli per l’occupazione femminile si moltiplicano.
Il piano prosegue con misure a favore della parità salariale tra uomini e donne, che può essere promossa attraverso una maggiore trasparenza, cioè l’inserimento nel bilancio annuale del dato relativo alla percentuale di presenza femminile in rapporto alla forza lavoro complessiva e un’informativa esplicita sulle dinamiche e i compensi del personale divisi per genere. Il piano non dimentica il tema della leadership femminile, sulla quale dobbiamo tenere alta l’attenzione per riuscire a mantenere e migliorare i progressi raggiunti grazie all’introduzione della legge 120/2011 (Golfo-Mosca) che impone quote di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacali delle società quotate e delle società a partecipazione pubblica.
Il piano può avere successo se accompagnato da un sistema di azioni culturali ad ampio raggio, che parta dalla comunicazione e dalle scuole, dove è necessario rimuovere gli stereotipi di genere, valorizzare i giovani talenti femminili e prevenire la violenza di genere.
#MaiPiùSenza una piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro, #MaiPiùSenza la parità salariale, #MaiPiùSenza un’organizzazione del lavoro di cura basata sulla condivisione tra uomini e donne, #MaiPiùSenza il talento di tutti, che non possiamo più permetterci di vedere soffocato da stereotipi di genere.
Paola Profeta