9 gennaio 2018

REGIONE LOMBARDIA: ESSERE IN EUROPA

Il foro per la ricerca e innovazione


Con la fine del 2017 la Regione Lombardia ha concluso l’iter di selezione dei dieci scienziati (5 italiani e 5 stranieri) che costituiranno il Foro per la ricerca e l’innovazione, previsto dal programma Smart Specialisation Strategy (S3) che dal 2015 definisce la politica di innovazione della Regione in relazione alla programmazione comunitaria di Horizon 2014-2020. Il programma S3 permette di accedere ai finanziamenti europei e di rendere così reale il rinnovo infrastrutturale richiesto dai processi innovativi in atto.

08longhi01FBEsso è dunque fondamentale, perché lega gli obiettivi e le politiche di innovazione regionale con quelli globali dell’UE, procedendo per aggiornamenti triennali, che sono molto importanti a causa dei cambiamenti ‘dirompenti’ che si realizzano in tempi brevi. Quest’anno siamo di fronte all’ultimo ‘progress’ 2018-2020.

Nella gestione del programma i dieci scienziati hanno un ruolo interessante (perché testimoniano l’attenzione della regione ad ampliare il ‘capitale umano’), ma tutto sommato modesto in quanto consultivo, propositivo, informativo. Secondo le pagine web regionali il Foro ricopre un importante duplice ruolo: da un lato funge da antenna rispetto ai cambiamenti nella società, … , dall’altro trasferisce alla comunità i risultati di ciò che la ricerca produce,….”.

Il ruolo operativo spetta alla Cabina di regia interassessorile, che redige il Programma strategico triennale, la cui costruzione è un po’ macchinosa e articolata in:

  • sette aree di innovazione: aerospazio, agroalimentare, eco-industria, industrie creative, industrie culturali, industria della salute, manifatturiero avanzato;
  • le quali dovrebbero formare degli ecosistemi alimentati dalla tripla elica: istruzione, ricerca innovazione;
  • la gestione della tripla elica è aperta, grazie alla piattaforma ‘open innovation’, destinata a creare valore attraverso i contributi dei cittadini e della società e ad un sistema di relazioni costituito dalle reti nazionali e internazionali;
  • tutta questa macchina operativa converge su quattro temi trasversali: città e comunità smart, bioeconomia, economia circolare, cybersicurezza.

L’efficacia di questo complesso impianto dipende dalla capacità di raggiungere gli obiettivi strategici (i “temi trasversali”) dell’intero processo innovativo: la realizzazione di un sistema lombardo di città e comunità smart e la trasformazione bio e circolare dell’economia regionale.

L’obiettivo della trasformazione economica è rilevante perché da centralità alla campagna, attraverso la rivalutazione della biodiversità e la sperimentazione delle nuove tecnologie di manipolazione degli elementi naturali; potenzialità che aprirebbero alla regione la nuova “età dell’oro” dello sviluppo biocompatibile. Ma con quali iniezioni di capitale umano e di risorse tecnico-finanziarie la regione si ripromette di raggiungere l’ambizioso traguardo di una economia bio-circolare? La questione andrebbe approfondita. Alla pari dell’obiettivo della rigenerazione ‘smart’ del suo sistema insediativo policentrico, che, se da una parte apre l’affascinante visione di una regione metropolitana policentrica e ‘smart’ , dall’altra non è spiegato come realizzare tale processo in presenza del pulviscolo infinito di competenze e barriere che caratterizzano la gestione della nostra città-regione.

Il programma S3 avrebbe gran giovamento da un più stretto collegamento con la programmazione europea di Horizon 2020 per il triennio 2018-2020. Esso propone un approccio allo sviluppo basato sulla sfida anziché sull’avanzamento dei singoli campi disciplinari e un avanzamento operativo della città smart che da priorità a una rigenerazione urbana sistemica e circolare, grazie al finanziamento di progetti la cui dimensione media è dell’ordine dei dieci milioni di euro ed i cui contenuti sono caratterizzati da:

  • sperimentazioni di soluzioni innovative per un metabolismo urbano a ciclo chiuso che comprenda materiali urbani e flussi di risorse all’interno del nesso tra acqua, energia, cibo, aria, servizi ecosistemici, suolo, biomassa, rifiuti per aumentare la capacità rigenerativa della città;
  • evoluzione degli strumenti di pianificazione, soprattutto grazie a piattaforme dati sostenibili a lungo termine (ad esempio: dati geospaziali flessibili e semantici in 3D ed in tempo reale) che garantiscano dati aperti e coerenti sugli impatti delle scelte e l’interoperabilità delle infrastrutture per comunicare, consultare e scambiare efficacemente esperienze;
  • evoluzione della governance per promuovere soluzioni pratiche e durature grazie all’attivo coinvolgimento della pubblica amministrazione e degli elementi attivi della comunità come urban fab-lab, progettisti, imprenditori, organizzazioni culturali e creative e start-up;
  • approcci interdisciplinari rinnovati, che comprendano la partecipazione di scienze naturali applicate, scienze sociali e discipline umanistiche (come economia comportamentale, studi di genere, pianificazione urbana e governance). Essi soddisfano la priorità comunitaria dell’open science per garantire più trasparenza, apertura, inclusività e collaborazione in rete;
  • proposte di upscaling e replica delle soluzioni, per moltiplicare gli effetti delle soluzioni a favore dell’intero sistema insediativo regionale, anche oltre la durata dei singoli progetti.

In sostanza una più stretta simmetria fra le priorità dell’ultimo triennio di Horizon 2020 e del programma Smart Specialisation Strategy (S3) dovrebbe portare a una serie di balzi in avanti (o upscaling) nelle politiche regionali:

  • l’upscaling dei dieci scienziati che costituiscono il Foro per la ricerca e l’innovazione implicherebbe il salto da consulenti ad attivi promotori di reti di ricerca internazionale;

  • l’upscaling dell’impianto di pianificazione e governance per soddisfare la necessità di maggiore efficienza e offrire maggiori occasioni occupazionali;

  • l’upscaling verso un sistema regionale metropolitano policentrico sarebbe l’avvio di un sogno: l’armonico sviluppo delle comunità regionali come modello di convivenza a scala globale.

Giuseppe Longhi



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