5 novembre 2024

IL GRANDE TORPORE 3: LA QUESTIONE DEI DATI

L’illusione di evitare l’impatto della polarizzazione indotta dall’economia dei dati


Copia di beltrami 3 (11)

Dopo aver ricordato il grande torpore del sistema edificatorio metropolitano (in Arcipelago dell’1.10.2024), affrontato la questione del grande torpore del sistema finanziario (in Arcipelago del 22.10.2024) affronterò il più problematico dei torpori, quello dei dati.
Il tema dei dati è stato proposto puntualmente da Arcipelago, per cui riassumerò a grandi linee la sua genesi per entrare poi nel cuore del problema: la centralità di una politica metropolitana dei dati in grado di contrastare derive antidemocratiche. 

Come noto, la questione  nasce alla fine degli anni ‘80, quando un esiguo numero di tecnici e di accademici, a supporto dell’allora giunta di sinistra milanese, propongono al mondo politico di affrontare una nuova sinergia,  tra lo spazio fisico (fino allora gestito con logiche meccaniche lineari) e quello analogico (complicato – complesso – gestibile solo con nuovi modelli statistici), grazie al progetto ferroviario ‘Passante’, inteso come fattore strategico di sviluppo scalare della città metropolitana lombarda, e  “Lombardia cablata”, proposto da Regione Lombardia e Comune di Milano con il supporto di Pirelli, Sirti, Italtel,  che apriva il nuovo campo della gestione dello spazio immateriale. 
I due progetti ponevano due grandi questioni: 
– prefiguravano una dimensione metropolitana nella quale il dilatarsi delle relazioni fisiche doveva essere accompagnato da nuove politiche di scopo (ovviamente non più dettate dal solo principio della prossimità-accessibilità fisica, ma integrate con ubiquità-programmi-risposta in tempo reale);
– andavano oltre il concetto tradizionale di guadagno di efficienza, grazie alle nuove tecnologie, implicavano una riflessione su nuovi modelli di sviluppo , ossia sul  sociale, e quindi  sui  problemi di adattabilità dell’uomo e del suo rinnovo culturale.

 
In poche parole il cuore dei due progetti non era la sola tecnologia, ma la crescita del capitale umano, e, di conseguenza, dell’avvio di nuovi modelli di governance. 
Il ruolo di attivatore di nuovi modelli di relazioni sociali era assegnato ad un’innovativa impresa pubblica  di comunicazioni , l’allora e-Biscom che diverrà poi Fast web.
La reazione a tale carica innovativa fu di ammirazione a scala internazionale, specie nelle istituzioni europee, soprattutto per la capacità di avviare dinamici processi di feed back gestiti dal pubblico. 
Ma il silenzio dell’ecosistema culturale ed economico, dall’ambrosiano al nazionale, fu e sarà sempre tombale. Era accettata la dimensione ‘industriale’ dell’innovazione, ossia il posare rotaie, ammodernare stazioni,  posare cavi; ma nessun elemento dell’ecosistema accetterà mai di aggiornare sostanzialmente il proprio modello di governance, né quello industriale, né quello accademico, tanto meno quello politico. Non fu accettata e non sarà mai accettata la fatica (notevole) ed il rischio (altrettanto notevole) della transizione da un sistema di governance economica e sociale lineare ad uno complesso.

 
Così quando il PNRR proporrà la centralità del rinnovo della governance  per la rigenerazione  dell’ecosistema economico e sociale nazionale, con lo scopo di  dilatare la rete delle relazioni del paese (al suo interno e a scala internazionale),  mancando all’appello l’unico ecosistema locale, quello metropolitano lombardo, in grado di affrontare questa tematica,  si è avviato  un processo non virtuoso che rischia di compromettere l’intero sistema democratico nazionale. Vedremo poi come, dopo aver fatto un bilancio del ‘balbettio’ metropolitano nel campo dei dati.
Innanzitutto il ‘disturbo’ della società di Telecom pubblica viene tolto dalla Giunta Moratti (2007), con la sua svendita ai privati;  da allora ricordo alcune  tappe della questione dati metropolitana: la gara per “Milano smart city” del 2011  all’interno del 7° Programma quadro di ricerca e sviluppo dell’UE, l’infrastrutturazione telematica dell’Expo 2015, lo sviluppo della postazione “Milano partecipa” (2021), il dialogo di Milano digital week (dal 2019), il percorso dal programma SyncroniCity   (2017) al “Manifesto dell’ecosistema digitale urbano”(2024).

Ovviamente per comprendere questo percorso occorre inquadrarlo  nell’evoluzione tecnologica globale, nel significato del suo sviluppo, nella resistenza e nella capacità adattiva del corpo sociale, in un percorso che ha visto uno scontro fra colossi e l’emergere di imperi, delle Telecom prima e dei dati poi, in aperta competizione con gli assetti di intere nazioni. Vale la pena ricordare alcune esperienze significative:
–  il progetto Songdo – Ubiquitous  city  in  Corea (2003), figlio del concetto di “Ubiquitous computer” di Mark Weiser (1988); 
– Singapore e-Government (2010), il cui motto era “From integrating services to integrating government”;  
– “Sidewalks Lab” (2017-2020),ossia  il tentativo fallito di Google di assoggettare la città di Montreal alla sudditanza dei dati;
-la declinazione civica del concetto di “smart city” di Amsterdam (2017), con il motto “i cittadini erano il nodo mancante”; 
– il consolidarsi la realtà della città neuronale nelle sue diverse declinazioni cinesi, USA, europee (dal 2010);
–  l’integrazione fra oggetti fisici e immateriali con il digital twin,  la cui progettazione integrale è stata sperimentata (dal 2020) a Rotterdam, Zurigo, Helsinki, Copenaghen, Singapore;
– per finire temporaneamente con il modello di gestione della città interamente gestita dall’IA nelle versioni di Google e cinese (in: Arcipelago del 2.5.2023 e del 5.12.2023).

L’ecosistema ambrosiano ha cercato di afferrare in qualche maniera questo treno nella sua corsa dirompente e, probabilmente in parte non indifferente, folle, senza porsi alcun problema di rinnovo della sua governance e, tanto meno, di  guidare il suo ecosistema nella direzione di favorire più alti livelli di integrazione sia regionale che internazionale.
Questo è leggibile dagli eventi citati: dagli esiti del concorso Smart City, limitati a un modesto rinnovo dei ‘macchinari’ urbani, all’infrastrutturazione di rete dell’Expo, della cui realizzazione, sviluppo e gestione si sono perse le tracce, come di ogni riflessione civica sulla parata di esperienze che emergono dal 2019 da “Milano data week”, così come langue  “Milano partecipa” (come può funzionare se non esiste una politica proattiva di partecipazione?). 

Desta stupore dunque il riemergere dal “box chiuso metropolitano” del Comune di Milano (attraverso il documento “Ecosistema Digitale Urbano – Il Gemello Digitale”, marzo 2023) , il programma Syncronicity, che sollecitava (nel 2017) la creazione di reti di dati aperte, relative alla digitalizzazione dell’ecosistema metropolitano (un processo destinato a creare il “digital twin” delle infrastrutture). Nel 2024, sette anni dopo, il Comune promette, attraverso un comunicato stampa del 25 ottobre 2024 una piattaforma per il suo ecosistema digitale, senza tuttavia divulgarne l’articolazione operativa. Nel frattempo Google ha ultimato il suo programma “digital twin” a scala planetaria e la nostra democrazia è compromessa dalla mancanza di piattaforme aperte di dati civici, che ha favorito  la “scorpacciata corporativa” dei vari bonus edilizi.
L’unica certezza  dell’ecosistema rappresentativo metropolitano è la sua chiusura nel box istituzionale, nell’illusione di isolarsi dai tempestosi flussi di cambiamento che investono la nostra metropoli e la nostra nazione. 
È l’illusione di evitare il confronto con miliardari quali Elon Musk, Sam Altman, e soci, che  alimentano la seconda ondata degli eugenetici, il cui scopo è di modificare radicalmente il rapporto uomo macchina nella direzione della singolarità, del transumanesimo, di una visione cosmica. 
È l’illusione del restare passivi rispetto al Presidente del Consiglio Sign.a Meloni, che non nasconde la sua strategia di asservire la nazione a tali strategie antidemocratiche. 
È l’illusione di evitare l’impatto della polarizzazione indotta dall’economia dei dati, che trova manifestazione nelle  sette sorelle della cibernetica: Google, Amazon, Apple, Microsoft, Nvidia, Tesla, Meta. 
È l’illusione di poter evitare gli investimenti strategici, i punti di ribaltamento, indicati dagli scienziati attraverso l’appello dei premi Nobel, ed i grandi centri di ricerca, quali il Club di Roma, lo Stockholm Environmental Institute, il Potsdam Institute for Klima.
È l’illusione di evitare gli effetti dell’ubiquità, quali il collasso dei confini, basati sulla cartografia del 18° secolo, e di  conseguenza delle strutture amministrative e legali , basate su proprietà, recinzione, estrazione. 
È l’illusione di evitare processi progettuali basati su  valori piuttosto che confini territoriali e gestiti con approcci neuronali,  che promuovono l’auto-organizzazione delle comunità  e la progettazione cooperativa, che sfruttano la resilienza e la capacità innovativa  dei modelli decentralizzati.
È l’illusione di poter evitare l’urgenza della riforma dei  processi educativi.
La storia si ripete, negli anni ‘20 del novecento una parte significativa dell’ecosistema metropolitano lombardo brillò per la sua prontezza nel favorire l’ascesa del fascismo, dopo un secolo, negli anni ‘20  del nuovo millennio, una parte non indifferente dello stesso ecosistema brilla per la sua indifferenza all’emergere di minacce sostanziali alla democrazia.

 
È essenziale un atteggiamento responsabile dell’ecosistema metropolitano che favorisca una rete aperta di informazioni e di relazioni, adeguata al rinnovo del sistema sociale ed economico, tesa ad una politica di coesione regionale, a rapidi interventi per contrastare le catastrofi climatiche, alla costruzione di relazioni internazionali in grado di contrastare il colonialismo ambientale,  per dare ossigeno ad una democrazia le cui difficoltà sono quotidianamente sotto i nostri occhi.

Giuseppe Longhi



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