16 luglio 2024
VIA PACINI: UN’OCCASIONE PERSA
Un patchwork del quale il Comune dovrebbe vergognarsi
16 luglio 2024
Un patchwork del quale il Comune dovrebbe vergognarsi
Mentre si susseguono roboanti annunci sulla programmazione di interventi per migliorare la qualità dello spazio pubblico, attraverso depavimentazioni, piantumazioni, liberazioni da sosta illegale e simili, vorrei suggerire una riflessione su un progetto che è stato invece già completato e che riguarda il corridoio centrale alberato di via Pacini.
Dopo decenni di occupazione abusiva dello spazio pubblico dei parterre alberati, invasi dalle auto in sosta selvaggia tollerata quando non incoraggiata in spregio di tutte le regole (codice della strada, regolamento del verde), si poteva a mio avviso (anzi, si doveva!) approfittare dell’occasione di riqualificazione per realizzare finalmente un progetto di qualità, ben pensato e “iconico”, come qualcuno ama dire, cioè rappresentativo di un modello, di una visione chiara di cambiamento concreto che si desiderava offrire ai cittadini. Un intervento che, oltretutto, potesse rappresentare anche un esempio riproponibile per la cura di altri casi analoghi in città.
Invece, tralasciando i tempi di realizzazione dei vari lotti di intervento, sfugge il motivo per cui si è optato per un progetto senza una “visione unitaria” della via nella sua interezza, da piazza Piola a Bottini per intenderci.
A intervento completato, infatti, non solo convivono sull’unica via differenti soluzioni progettuali: ancora la prima “piazza tattica” da Piola in direzione Lambrate, poi – dopo via Ampère – uno spazio definito da ghiaia, panchine e alcuni arredi essenziali e infine, dopo via Teodosio, la parte più recentemente realizzata con una discreta integrazione anche di verde. Dunque, ben tre tipologie progettuali diverse, di cui a mio parere solo l’ultima qualitativamente accettabile.
Ma, oltre a ciò, rimangono – tra il primo e il secondo tratto “pedonalizzato” (verso via Ampère) e soprattutto dopo via Capranica e fino alla stazione di Lambrate – ampi spazi lasciati al parcheggio illegale che si dice di voler contrastare, che ora stridono ancor di più alla vista.
Detto in sintesi, quindi, nell’arco di 3 lunghi anni è stato realizzato un intervento che cumula visioni contraddittorie e che non guarda all’intera via Pacini, ma solo a porzioni di essa, facendo coesistere in adiacenza situazioni antitetiche, continuando nei fatti a tollerare il parcheggio abusivo su una parte della via e così accentuando un evidente degrado che resta vecchio di decenni.
Col paradossale risultato di scontentare sia quelli che, talvolta sulla base di un asserito stato di necessità, volevano egoisticamente mantenere lo status quo (che avrebbero protestato comunque per la privazione di uno spazio per il parcheggio comodo e perfino gratuito su suolo pubblico), sia quelli, fra i quali io mi annovero, che insistevano da anni nel chiedere un cambiamento e speravano che questa sarebbe stata l’occasione giusta per far sperimentare da vicino e toccare con mano ai cittadini una vera trasformazione in grado di migliorare la qualità dell’ambiente e della vita per tutti e, dopo lunga attesa, si trovano invece davanti un intervento frazionato, a tratti scadente e certamente incompleto, in una parola: deludente. Diciamo che, lo si voglia o no, è stata persa una chance.
Perché dunque il Comune di Milano e il Municipio 3 non hanno voluto imprimere un segno chiaro di discontinuità, preferendo invece una scelta “timida” e confusa?
Inutile cercare supporto nel noto proverbio: “piuttosto che niente, meglio piuttosto“, invitando ad accontentarsi e a guardare al bicchiere mezzo pieno. Di fronte a un’amministrazione che si dichiara portabandiera di valori ambientali, a parole ritenuti prioritari, dopo un’attesa durata molti anni, sembra proprio la montagna che ha partorito il topolino.
Anche perché, a dirla tutta, queste occasioni non si ripetono facilmente: se abbiamo dovuto attendere 30 anni (di cui peraltro 10 con amministrazioni di centrosinistra) per un intervento parziale e insoddisfacente, rischiamo di attenderne altrettanti per il suo completamento e davvero non ce lo possiamo permettere.
Eugenio Galli