4 giugno 2024
UN PROGETTO PER L’EX PORTO DI MARE
Avvio di una bioregione improntata all’accoglienza e all’ospitalità
4 giugno 2024
Avvio di una bioregione improntata all’accoglienza e all’ospitalità
Partendo dai fattori illustrati nell’articolo “Una passeggiata creativa al Porto di Mare”, è possibile delineare una politica proattiva di interventi, coerente con l’obiettivo prioritario della crescita delle capacità collettive della popolazione ed in armonia con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile?
In sostanza, è possibile costruire un caso campione che sia modello per riallineare le attuali politiche locali agli obiettivi di sviluppo derivanti dall’urgenza di affrontare le policrisi che ci circondano?
Per rispondere a questi quesiti ArcipelagoMilano con questo articolo si propone di attirare contributi collaborativi, affinché le diverse componenti della società metropolitana sviluppino un prototipo di azioni progettuali capaci di interagire con le potenzialità ed i problemi di un sistema urbano (il sistema Corvetto-Porto di Mare-Chiaravalle-Metanopoli), grazie a una serie di azioni in grado di generare benefici multiscalari: dal livello metropolitano a quello delle reti internazionali.
Definizione della missione: si intende favorire la costituzione di gruppi attivi che favoriscano lo sviluppo di capacità aumentate della popolazione grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie immateriali, in armonia con una politica di attivo utilizzo dei beni comuni della natura, grazie ad una serie di azioni che non compromettano la capacità di carico ambientale.
Azione 1: è possibile passare da un sistema di azioni pubbliche frammentate, incentrate sullo spazio locale a beneficio prevalente del locale, con il supporto di un potente terzo settore, ugualmente frammentato, di un ambiente scientifico debole, di un ambiente finanziario assente ( o meglio, presente per azioni di prevalente sottrazione di ricchezza collettiva) ad un ecosistema capace di promuovere un’azione corale collettiva al fine di massimizzare le iterazioni fra lo sviluppo del benessere dei cittadini e la rivalutazione del patrimonio di beni comuni offerti dalla natura e dal patrimonio storico?
Dal quesito discende l’urgenza di una ricostruzione digitale dei programmi e delle azioni in essere da parte dei diversi attori, dei contratti che le guidano, delle diverse variabili che compongono il patrimonio umano, naturale e fisico di questo contesto. Questo è lo strumento essenziale per passare dall’attuale sistema di azioni lineari a un sistema di azioni ispirate alla complessità. E’ uno strumento essenziale per una gestione ispirata al periodico controllo ed aggiornamento sia degli investimenti, sia del loro rendimento.
Ad esempio, con questo strumento avremmo evitato l’obbrobrio del 110 in edilizia, a favore di interventi mirati e coerenti con gli obiettivi della crescita delle capacità delle imprese, di contrasto al cambiamento climatico e di una corretta gestione del danaro pubblico.
Azione 2: l’azione precedente mette in luce una questione allarmante per la metropoli milanese: l’assenza di una cultura dei dati da parte degli enti locali (non che lo Stato sia più avanzato, e nemmeno si può dire che le università brillino per investimenti sulla divulgazione), da cui una completa disattenzione alla filiera dati, deep learning, machine learning, per finire con quella che sarà l’intelligenza artificiale. Con tutte le implicazioni sui diritti fondamentali dei cittadini, sulle regole di spazio, sull’occupazione. Da qui l’urgenza di un’azione “scalare” da parte degli enti locali.
L’azione che ne consegue dovrebbe essere un rapido processo di alfabetizzazione digitale che investa il sistema dell’istruzione, grazie alla revisione della missione delle scuole che insistono in questo contesto. Esse vanno interpretate come una rete integrata destinata a sviluppare le “capacità aumentate” della popolazione, utilizzando le nuove tecnologie dei dati e dell’informazione.
Il centro simbolico potrebbe essere l’”Istituto Tecnico e Liceo Enrico Mattei”, dove fa bella mostra di se l’Elea9003, il primo calcolatore italiano sviluppato e prodotto dalla Olivetti; la rete scolastica sarebbe aperta a tutta la popolazione per l’intero ciclo di vita. L’organizzazione operativa dovrebbe superare il concetto di scuola passiva a favore di quello di scuola attiva che copre l’intero ciclo del sapere, dall’ideazione alla produzione. Tale modello intende interrompere i tempi lenti dell’attuale apprendimento che si concludono in tarda età, con il ‘dottorato di ricerca’ universitario.
Azione 3: Questo modello propone di potenziare le infrastrutture indispensabili per promuovere processi innovativi, immaginando interventi concentrati in pochi ‘punti di ribaltamento’, ossia limitati, ma che hanno effetti multipli a più scale, destinati alla rivalutazione dei beni comuni costituiti dal patrimonio naturale e dal capitale fisico. Si tratta qui di interpretare il valore della natura, in un territorio dominato dal campanile dell’Abbazia di Chiaravalle, a ricordo del valore patrimoniale, destinato a durare nei secoli, della cultura e del lavoro dei monaci circestensi, a fronte della labilità del tempo dell’industria e della futilità del tempo delle balere. Il campanile di Chiaravalle è un monito su chi sarà in grado di guidare la sopravvivenza dell’uomo nell’era dell’intelligenza artificiale. L’epidemia ci ricorda l’attenzione che dobbiamo ai flussi primari di cibo nell’epoca dello sfruttamento esponenziale delle risorse.
Si tratta di reinterpretare l’ecosistema che inizia con l’ex Porto di mare, che si fonde con le terre di bonifica dei monaci, per proseguire verso la pianura padana. Si tratta di avviare un dialogo profondo tra l’agricoltura urbana e il campo grande dello sviluppo agricolo, e su questa base promuovere una rete di sopravvivenza metropolitana; una significativa reinterpretazione, in chiave bioregionale, del ciclo agricolo che fu l’origine della ricchezza lombarda.
Il Vice-Presidente di Italia Nostra, Giovanni Fossati, ci ricorda “ il meraviglioso recupero del grande spazio verde restituito alla piena fruizione della cittadinanza dove anni fa imperava il famigerato “boschetto della droga” e la restante area del Porto di Mare era preda del disordine e del degrado”, a questo aggiungerei anche il prezioso lavoro delle Monache del Noceto, a supporto della comunità di nomadi poi sfrattata dai bulldozer municipali, ed infine l’azione di supporto didattico e alle famiglie delle tante associazioni, fra cui l’azione pluridecennale dell’associazione di volontariato “Angela Giorgetti”, tutte istituzioni che quotidianamente lavorano per lo sviluppo di una cittadinanza consapevole.
Da qui, bilanci integrati alla mano, se lo sviluppo agricolo fosse accompagnato da una intensa accelerazione dei livelli di integrazione delle comunità che la politica nazionale vuole emarginare in case di ‘accoglienza coatta’ in Albania, non registreremmo forse un salto esponenziale nell’esaltazione dei nuovi valori cui informare la nostra società’? E quale sede più adatta della cascina di Nosedo?
Azione 4: il vasto insediamento di edilizia popolare alle spalle dell’ ex Porto di mare , costituito da edifici di buona qualità, è da ripensare. Deve diventare un sistema insediativo integrato, con servizi alla salute e alla persona adeguati, dove l’investimento sulle persone deve superare di gran lunga l’investimento sui manufatti. Deve essere inoltre ripensato come una comunità autonoma dal punto di vista energetico. Per sognare: quale sarà il nuovo destino del cavalcavia del Corvetto? Qualcuno ci salverà dalla banalità progettuale della caricatura della high line di New York? Quel sistema urbano non ha centro, il tentativo di crearne uno (ad es. su p.le Gabrio Rosa) è fallito, il cavalcavia è l’emblema dei tanti flussi di culture che accedono alla città; uno scenario progettuale potrebbe essere la sua trasformazione in un sistema di ‘fondaci’ gestiti dalle tante comunità, a simbolo dell’affascinante ma faticoso percorso di integrazione, che la nostra metropoli deve affrontare con più decisione.
Azione 5: Questo metodo di progettazione, inclusivo dal punto di vista sociale e delle risorse naturali, implica l’importante sperimentazione del passaggio da una contabilità limitata al capitale fisico e finanziario ad una contabilità ecosistemica, in grado di valutare i flussi di ricchezza generati dai diversi tipi di risorse mobilitate nel progetto: fisiche, naturali, umane. Si tratterebbe di aggiornare una cultura praticata dall’amministrazione milanese negli anni ‘70-‘80 con i bilanci d’area integrati, poi abbandonati nell’epoca della grande sottrazione di risorse legata all’edilizia super intensiva.
Questa prospettiva contabile è simmetrica all’esigenza di sollecitare una nuova generazione di operatori finanziari, in grado di promuovere il valore fondamentale dei beni comuni e delle azioni collettive.
In sintesi: il caso dell’ex Porto di mare potrebbe essere la sperimentazione di alcuni passaggi significativi per l’organizzazione della transizione della nostra metropoli dalla priorità (e l’angosciante assillo) dello sviluppo economico territoriale, ereditato dalla cultura della crescita continua del reddito, a quella di una crescita guidata da uno sviluppo ecosistemico di tutte le risorse.
All’ex Porto di mare si affida il ruolo guida di sperimentare la transizione da luogo pensato per il transito e la sosta delle merci pesanti a luogo di sviluppo e di transito di nuove idee, in una visione di spazio e di sviluppo, che assume come forza guida la bioregione, capace di sfruttare le potenzialità, oltre che della natura, delle nuove infrastrutture digitali. Il punto centrale del progetto è sempre l’uomo, e la capacità che deve avere l’azione collettiva di indirizzare le sua capacità ‘aumentate’ nella direzione dell’accoglienza e dell’ospitalità.
Giuseppe Longhi