4 giugno 2024
NUOVA CITTÀ
Passare da 1.300.000 a 3.000.000?
Caro Direttore ho letto la tua sugli abitanti al 1971 e ad oggi. Mi sembra si debbano fare due considerazioni, una statistica e una socio-economica. Quando eravamo 1.800.000 le famiglie erano in media di 4 componenti, quindi 450.000 i vani, 0,8 per persona, quindi 1.500.000; Bassetti primo presidente della Regione pose l’obiettivo di un vano/persona. Tutti i residenti erano censiti, le classi sociali diverse ma non divergenti, non c’erano turismo, pendolarismo, società straniere.
Oggi abitanti 1.300.000, con famiglie di 2,3-2,5 componenti vuol dire almeno 550.000 famiglie, 1,5-1,6 vani/abitante (anche di più) cioè 2 milioni di vani. Abbiamo perso 500.000 abitanti, sono aumentate le famiglie, di cui almeno 100.000 (un quarto) mono-personali e abbiamo circa mezzo milione di vani in più. Basta vedere quanto si costruisce e l’appetibilità che il mercato continua ad avere.
In Lombardia i vani sono passati da 6.400.000 a oltre 15.000.000, gli alloggi da 1,6 a 4 milioni (credo la fortuna dell’Ikea). Questo cambiamento è stato il motore principale dell’attività edilizia per quattro decenni, perché si sono moltiplicati gli alloggi per le nuove famiglie: i vani sono aumentati in 40 anni, del 234%, il numero degli alloggi del 250%, gli abitanti del 125%. Basta vedere lo sprawl edilizio in tutta la regione.
Dati in città per difetto, perché l’indifferenza alla destinazione ha trasformato moltissimi alloggi in uffici di ogni genere, B&B, residenze temporanee, e altro, numero non quantificato e liberalizzato dalle leggi regionali e dai regolamenti comunali, bene perché corrisponde alla dinamica urbana, male perché senza controlli, oneri, contrappesi.
500.000 emigrati dalla città, di più contando gli immigrati nello stesso periodo, verso la Brianza, i paesi del Ticino e dell’Adda, con la costruzione di migliaia di villette o piccoli condomini, un enorme incontrollata occupazione di suolo. La città ha perso abitanti per espulsione di quelli che ci stavano e non potevano reggerne i costi, è il secondo capitolo del cambiamento.
Milano oggi ha diversi fenomeni di abitanti non censiti:
1. negli ultimi anni si sono insediate almeno 200 headquarters di aziende internazionali, con non si sa quante migliaia/forse decine di migliaia, di dipendenti.
2. gli studenti delle università sono circa 200.000 (in aumento) di cui almeno il 25% abita in città
3. gli alloggi trasformati in B&B o simili, pare siano tra 20.000 e 30.000, in continuo rapido aumento, che ospitano per periodi brevi, fino a un mese, altri residenti (decine di migliaia).
4. quanti sono gli abitanti immigrati, italiani e stranieri, che vivono non contati?
Vogliamo stimare che i residenti non censiti siano almeno 150.000? allora gli abitanti non sono 1.300.000 ma di più. Molto diversi da quelli del 1971 e con richiesta di servizi e infrastrutture molto diverse. Tutti fenomeni che sono tipici in qualsiasi metropoli, quindi non confrontabili con i dati quantitativi della città in cui abitavamo 50 anni fa. In questi 50 anni la città si è divisa: ci sono due Milano, una che sale molto, for profit, del lusso, dei manager & company, della moda, dell’economia, e l’altra degli abitanti con reddito inferiore a 26.000€ che sono il 57%. Una divisione che non c’era quando eravamo 1.800.000.
La città è diventata, per scelta politica, sempre più accentratrice: ha metropolitane, teatri, cinema, musei e mostre, università, headquarters, ospedali, uffici pubblici, banche, borsa, tribunale, sedi di convegni, grandi studi professionali: tutti in città, in barba alla città metropolitana che è trascurata, in cui rimangono solo i servizi primari (sperando che ci siano tutti): città dei 15 minuti solo nel centro allargato –per quanti abitanti?- un’ora se va bene per tutto il resto.
Il turismo è molto aumentato, per l’attrattività e questo alimenta una economia dei servizi, non so se controllata o spontanea. Ricordando che la città ha una immigrazione giornaliera di 600-700.000 pendolari, che usano la città per lavoro (bar, ristoranti, trasporti, e poco di più). Il progetto del sindaco Sala di aumentare gli abitanti – non si sa come – era sulla linea della città accentratrice, crescita negata dai fatti e dalle previsioni.
In una città così affluent, i costi di residenze, servizi di ogni genere, ristoranti e alberghi, sono in continua ascesa, perché un vasto target non ha problemi di budget, così aumenta il divario con le classi meno abbienti. I pendolari sono in parte, forse in buona parte, quelli che non possono permettersi una casa a Milano, che se i costi fossero accessibili tornerebbero?? L’enorme patrimonio residenziale pubblico dovrebbe essere tutto utilizzato, mantenuto in modo decoroso per equilibrare le differenze di potere di acquisto, di costo della casa, e di qualità del vivere.
Le case popolari sono 63.000, con 25.000 domande in attesa: la città ricca si autogestisce senza problemi, la città povera non è gestita (aiutata, sostenuta) da chi dovrebbe. Disparità che coinvolge tutta la città metropolitana, dove si vive perché i costi sono contenuti; dovremmo valutare se è diventata una vasta nuova “periferia” ??
Mi piace vivere in una città diventata così “moderna” internazionale e fluida; ma non c’è risposta adeguata: cosa serve ai pendolari? Se gli abitanti internazionali si accontentano di bar, ristoranti (con dehors) palestre, piscine, magari cinema e teatri, e ai turisti bastano gli alberghi sempre più numerosi e le molte attrattive, ai cittadini che siamo, quel 1.300.000 (più forse 150.000) diviso in due città in salita e in discesa, va bene così?
Che stia scomparendo il commercio al dettaglio, i ristoranti siano migliaia, i dehors incontrollati, i servizi così costosi…..? Perché servizi e case, proprio perché per turisti, nuovi residenti, abitanti temporanei, sono sempre più settorializzati e costosi. Quale è l’impatto sulla città da realizzare, sulle aree dismesse, sugli scali ferroviari, gli abitanti che troveranno, se li troveranno, saranno quelli della città ricca.. di quanta residenza convenzionata abbiamo bisogno, e se la realizzassimo quanto pendolarismo diminuirebbe?
Una condizione che dovrebbe far pensare a un progetto territoriale articolato (il PIM potrebbe essere utile?) di cui il PGT, in revisione, sia parte per affrontare nel Documento di piano questi problemi, per i residenti della città e per i city users di ogni tipo: la città è il problema, ma la città deve essere la soluzione, a due livelli, metropolitano e urbano integrati.
La dimensione si dovrebbe spostare da 1.300.000 a 3.000.000. Se ne è parlato tante volte; è diventato indifferibile: un progetto di grande respiro, che affronti i problemi delle esigenze della città dei nuovi abitanti (e pendolari) necessaria premessa al PGT, non conseguenza pragmatica (tanto meno dimenticata) che potrebbe dare molti contenuti nuovi.
Paolo Favole
Un commento