14 maggio 2019
TUTTI CORROTTI?
Luca Beltrami Gadola intervista Stefano Parisi
Stefano Parisi, una lunga carriera cominciata nel 1994, socialista, come Capo della segreteria Tecnica del Ministero del lavoro poi molti altri incarichi ministeriali, un passaggio in Confindustria, in Fastweb, direttore generale del Comune di Milano con Albertini e infine candidato per il centrodestra nel 2016 a Sindaco di Milano, battuto da Sala che lo supera col 51,7% dei voti. Nel 2016 fonda il partito Energie per l’Italia. Oggi (15 maggio) lancia a Roma Pop Up un think tank che come prima uscita affronta il tema del Codice dei contratti, la legge che definisce le procedure per gli acquisti di beni, servizi ma con un titolo dirompente: “Tutti corrotti”.
Stefano Parisi, perché partire proprio dal Codice dei Contratti?
Perché quel Codice di contratti sta bloccando gli investimenti e incide in modo diretto sulla mancata crescita dell’economia italiana. Il Codice nasce sulla cultura del sospetto. Gli altri Paesi normano la fisiologia dei comportamenti e hanno poi dei sistemi di controllo che individuano eventuali patologie ed eventualmente le sanzionano con procedimenti giudiziari. Noi invece costruiamo tutto il nostro apparato normativo sul sospetto che qualunque dipendente pubblico e qualunque impresa siano corrotti. Dobbiamo smontare questo pregiudizio. Queste normative per la loro farraginosità, cui si somma l’attività di ANAC, paralizzano la burocrazia col timore di commettere errori e finire inquisita.
Lei pensa che sia possibile procedere a una ristesura del Codice di contratti e rimettere tutto in gioco?
È l’unica strada. Basterebbe ripartire dalla normativa europea e allinearsi a quella e questo sarebbe un’enorme semplificazione rispetto alla situazione attuale. Si comincerebbe con l’abolire l’ANAC che oggi ha addirittura poteri normativi e d’indirizzo e che per questo confonde ulteriormente il panorama legislativo rendendolo continuamente mutevole.
Un nuovo codice degli appalti riuscirebbe a rimediare a tutti i mali di cui con l’attuale legislazione soffre il nostro Paese?
Il codice degli appalti non basterà se dietro non abbiamo un modello di Stato diverso. Oggi abbiamo un grosso problema di competenze e non abbiamo strategie.
Andando nel vivo io penso che uno degli obiettivi mancati attuale Codice sia di non riuscire a far sì che la Pubblica Amministrazione ottenga un buon rapporto costo/qualità nei suoi acquisti o negli appalti. Cosa ne pensa?
Oggi il rapporto costo/qualità è il rapporto tra prezzo e specifiche tecniche mentre il rapporto dovrebbe essere tra prezzo ed efficacia economica ma questo non si può fare per ora nella Pubblica Amministrazione perché non abbiamo una contabilità economica che valuti l’efficacia nel tempo dell’investimento fatto. Noi oggi abbiamo solo la contabilità finanziaria che ci dice quanti soldi possiamo spendere e dunque la P.A. cerca di spendere il meno possibile rispetto a specifiche tecniche date e datate. Dunque vige in sostanza le regola del massimo ribasso e per di più senza pensare all’innovazione.
Allora non solo niente contabilità ma nemmeno innovazione?
Come faccio a comprare innovazione in questo modo? Facciamo un esempio. Io devo comprare un’apparecchiatura per la TAC e faccio una gara tradizionale: compro un apparecchio sul mercato con le caratteristiche del momento nel quale si è manifestata la necessità, se, come accade, la gara riesco a bandirla un anno dopo ecco che resto indietro rispetto alla tecnologia più avanzata. Un privato gestisce i suoi acquisti con contratti aperti che guardano ai futuri sviluppi, quanto mento alle prestazioni al momento della consegna. La Pubblica Amministrazione non può farlo con l’attuale Codice ma se anche potesse, non avrebbe le competenze necessarie.
Veniamo al comparto delle opere pubbliche che rappresentano una fetta importante degli investimenti: mi sembra che lei dica che comunque si acquista al prezzo più basso e questo non va bene. Accantoniamo le gare al massimo ribasso e quelle cosiddette con l’offerta economicamente più vantaggiosa?
Nessuno dei due va bene perché sono due sistemi che mettono in relazione il prezzo con la tecnica e non il prezzo con l’impatto economico e ci si limita alla fattispecie del pagamento a prestazione e che non tiene alcun conto della garanzia nel tempo dei lavori effettuati. Il caso della manutenzione delle strade è emblematico perché chi ha fatto le strade non ne garantisce la durata nel tempo e chi chiude le buche nemmeno pensa di dover garantire l’efficacia del suo intervento.
Avrei molte altre domande e sarei curioso delle sue opinioni al riguardo ma prima di chiudere vorrei farne una: giacché questo Codice dei contratti non ci garantisce nulla, né prezzi equi, né celerità, ne contrasto alla corruzione – con la conseguente lesione della concorrenza -, perché nessuno affronta di petto il problema di una nuova stesura?
La realtà è che tutti hanno paura di affrontare la gogna mediatica, ricordo che quando Gentiloni cercò dei alleggerire la pressione di ANAC sugli appalti si scatenò il putiferio. La stessa ANCE ha una posizione timidissima come tutti perché chiunque pensi di innovare radicalmente correrà il rischio di essere accusato di muoversi per poco trasparenti interessi o di abbassare la guardia nella lotta alla corruzione. Il problema è che se non si ritorna all’efficienza dello stato non si combatte né la corruzione né la malavita organizzata, ma soprattutto non si progredisce.
Cosa ci vuole per andare avanti? Siamo senza speranza?
Ci vuole coraggio politico. Merce rara.
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