16 gennaio 2018
UNA PROPOSTA PER LA GARA MILANESE DEL TRASPORTO PUBBLICO
Per una volta fare sul serio
16 gennaio 2018
Per una volta fare sul serio
Da vent’anni si sono fatte gare finte, in tutta Italia. Finte in modo così esplicito che quasi tutte sono state vinte da quelli che c’erano già, di solito imprese pubbliche (o loro derivazioni), possedute da enti pubblici che erano anche giudici della gara.
A Milano l’affidamento del 2011 è giunto a scadenza, in un contesto normativo molto differente rispetto a quello dell’affidamento precedente. Due le principali modifiche: la legge regionale che indica nelle recentemente costituite Agenzie di Bacino il soggetto concedente e il DL 50/2017 che permette l’affidamento in house solo a condizioni più stringenti. Entrambe fanno sperare che a questo giro le gare siano davvero tali: la prima perché risolve almeno in parte l’originario conflitto di interesse tra Comune e municipalizzata; la seconda perché, pur a valle di una comprovata eventuale maggiore efficienza per l’affidamento in house, decurta del 15% i trasferimenti alle amministrazioni locali che intendono avvalersene.
Ciononostante, l’effettiva volontà dell’amministrazione di non ricorrere all’in house per ATM non è ancora certa, almeno nelle dichiarazioni e negli accordi informali firmati con le parti sociali.
Ma anche assumendo che la gara verrà fatta, vi sono molte varianti riguardo a come verrà strutturata e dunque sui suoi probabili esiti. Innanzitutto il numero di lotti. La LR, nei suoi vincoli, indica in 7 i lotti per il Bacino di Milano, Monza e Pavia (pur senza argomentare con analisi economiche questo numero). Dato che Pavia è già stato assegnato, tutta l’area restante avrà al massimo 6 lotti. L’attuale servizio del Comune di Milano, dunque, può essere riproposto esattamente entro gli attuali confini di ATM o modificato più o meno radicalmente, al limite anche suddividendolo in due lotti.
Chiaramente, più la scelta sarà di riproporre il perimetro ATM, più sarà improbabile che si riescano ad ottenere significative economie o – dualmente – significativi aumenti dell’offerta. D’altra parte, anche con un lotto unico “a sua immagine”, non vi è garanzia che sia effettivamente ATM a vincere la gara (Toscana docet, ma è una eccezione che conferma la regola), per esempio alla luce dell’attivismo di FSI o dell’appetibilità del ricco mercato milanese per grandi operatori esteri. Tuttavia, anche se non si vedono vantaggi nel mantenimento dello status quo, perché non dà a priori alcuna garanzia di maggiore efficienza, sembra difficile che il Comune accetti serenamente un risultato contrario ad ATM, perché potenzialmente rischioso per il “patrimonio” comunale (ATM è interamente di sua proprietà e poco resterebbe se perdesse la gara), e fonte di forte conflittualità sindacale.
D’altra parte, le motivazioni tecniche per una gara a lotto unico su Milano non sono irrilevanti, tutt’altro. Il sistema dei trasporti milanese oggi è gestito in maniera integrata da ATM, che espleta alcune funzioni aggiuntive rispetto al puro “trasporto”, ad esempio la tariffazione, l’esazione, la controlleria, il monitoraggio, la gestione dei veicoli sostitutivi, etc. Si tratta di funzioni ovviamente “spacchettabili” e duplicabili, ma non in tempi brevi e in qualche caso non senza un aggravio di costi di gestione. Tuttavia il discorso “non siamo pronti per le gare” dura appunto da vent’anni. Si potrebbe affiggere una targa di bronzo che reciti “quest’anno no, ma l’anno venturo sì”.
Questo però significa che i benefici della concorrenza, per le casse pubbliche e per i cittadini, non arriveranno mai. E questi benefici sono stati clamorosi dove gare serie si sono fatte: Londra, Germania per le ferrovie locali, ed i paesi scandinavi. La situazione di ATM è buona per i servizi erogati, ma non sappiamo (perché non abbiamo un paragone) quanto lo è anche per i costi pubblici (un milione al giorno di sussidi, realtà non molto nota ai milanesi, e nemmeno ai contribuenti che li pagano). I sussidi dipendono anche dalle basse tariffe che sono una scelta giustamente politica, anche se forse si potrebbe smettere di sussidiare i ricchi, portando le tariffe a livelli medi europei, tutelando solo le categorie a basso reddito. Ma se un soggetto più efficiente (o resosi più efficiente grazie alla gara) riducesse i costi, vi sarebbero risorse sia per migliorare i servizi che per mantenere basse le tariffe, che per altri servizi sociali, se fossero ritenuti più rilevanti dei trasporti.
Allora vale la pena di studiare, al posto di rischiose decisioni repentine, strategie graduali di apertura al mercato. Non sembra troppo difficile: si affidano gradualmente in gara lotti separati (ad esempio ferro e gomma, oppure accorpando diversamente quello che oggi è suddiviso tra urbano e area urbana), appoggiati agli attuali depositi, per la sola erogazione del servizio. Il controllo dell’operatività e le altre funzioni centralizzare sono mantenute da ATM, in modo da mantenerne tutti i vantaggi e non rischiare “crisi del primo giorno”. Linee, fermate, standard di pulizia e puntualità, tariffe, vengono definiti nei bandi di gara, e controllati rigorosamente da ATM.
In una fase successiva (ma non nel 2500 d.C.) si sganciano da ATM tutte le funzioni centralizzate (lasciandole unitarie o distribuendole a diversi soggetti), trasferendole all’Agenzia di Bacino e trasformando l’azienda ATM in un puro produttore di trasporto, pienamente soggetto alla pressione concorrenziale, e privo di funzioni non compatibili con l’assetto a gara ad oggi rimaste di pertinenza per motivi storici. In effetti si può andare anche oltre, separando le infrastrutture dai servizi, cioè mantenendo la prima componente in capo al Comune e quella operativa agli operatori di mercato.
La molteplicità di operatori tra l’altro muterebbe radicalmente i rapporti di forza reali tra erogatori dei servizi e comune stesso. È noto che in molte situazioni è stato lo squilibrio di questi rapporti di forza a bloccare l’efficientamento delle imprese, e a volte anche le innovazioni tecnologiche, per esempio quando colpivano l’occupazione. È un fenomeno noto agli economisti come “cattura”, a danno dei contribuenti e/o degli utenti.
L’unica cosa che non sembra dignitoso fare è appendere ancora una volta quella targa di bronzo, cioè far diventare l’immobilismo un sistema di governo. Meglio allora cancellare le gare, e con questo lo spirito dell’Europa, che vede uno dei suoi pilastri fondativi proprio nell’aumento della concorrenza attraverso l’apertura dei mercati.
Il monopolio fa certo stare più tranquilli tutti, il monopolio pubblico ancora di più, ed il monopolio pubblico sussidiato sembra proprio il paradiso. Ma in realtà è un nirvana che non porta da nessuna parte, come l’esperienza insegna dalla rivoluzione industriale in poi.
Paolo Beria, Politecnico di Milano
Marco Ponti, Bridges Research