20 dicembre 2016

VITA MORTE E MIRACOLI DELL’URBANISTICA

Dove mettere le idee?


Ho diverse perplessità sugli argomenti utilizzati da Pietro Cafiero e da Flavio Boscacci per sostenere l’inutilità – se non la dannosità – dell’urbanistica. Per carità, non è certo una scienza (ce l’insegnavano già all’università, peraltro: è una disciplina, come l’economia e altre teorie che comunque hanno un loro statuto e rilevanza) e davvero la sua storia recente è costellata di tante inutili complicazioni. Ma quello che non mi convince sono gli argomenti che portano a dire “se non ci fosse, sarebbe meglio”.

07vitali42fbDavvero in passato costruire era semplice e tutto funzionava? Gli esempi fatti mi sembrano del tutto immaginosi. Le procedure di fondazione delle antiche città, ad esempio, erano estremamente complicate e soggette a complessi riti magici e religiosi: l’attività dell’agrimensore e della centuriatio (come viene ad esempio descritta da Rykwert) non era affatto semplice come viene proposta. In generale, anche i recenti ritrovamenti (ad esempio quello importantissimo di Görekli Tepe, che ha portato gli archeologi a rivalutare le intuizioni di Mumford) ci mostrano come la fondazione delle città non sia affatto un atto spontaneo, di semplice ampliamento di villaggi, ma invece un atto titanico e organizzato.

E anche la semplice attività edilizia romana era soggetta al controllo di magistrati (i famosi edili, si studia al liceo). Norme contro il pericolo di incendio e di crollo degli edifici, come per lo smaltimento dei reflui, ad esempio, erano largamente diffuse. Ma anche nelle città medievali era così (penso ad esempio ai regolamenti di Orvieto). Che poi fosse facile costruire fuori dalle mura come sostengono altri avversatori dell’urbanistica, be’, questa mi sembra proprio una baggianata: per semplici motivi militari (le guerre e le devastazioni erano frequenti) non conveniva proprio a nessuno. E la vaste aree inedificate davanti ai castelli viscontei di Milano e Pavia, ad esempio, ci mostrano che per motivi di sicurezza la costruzione extra moenia era controllata eccome. Ho come l’impressione insomma che si confonda la grande libertà di intervento di Principi, Signori e Papi (c’è il famoso effetto psicologico dell’immedesimarsi nello “sguardo del principe”) con quelle che erano invece le limitazioni per tutti gli altri.

Veniamo ai tempi recenti. Davvero il Piano Beruto è solo un “piano di sviluppo edilizio”? Scusate la franchezza, ma questa è proprio una sciocchezza. E il Foro Bonaparte? L’asse Duomo-Castello-Sempione? Questi sono tutti fatti urbani di grande rilevanza, il piano Beruto è importante proprio nel suo disegno urbano (si pensi anche all’asse di via Mascheroni impostata sulla facciate delle Grazie, ma anche alle idee non attuate, come il Ring sui Bastioni). E davvero quel piano non è servito? Basta andare a vedere la differenza di qualità fra le parti di città costruite dentro il vecchio confine amministrativo (dove il piano c’era) o fuori (senza piano) per vedere che l’urbanistica è servita eccome.

Altrove forse non è così? Forse che le strade di New York sono tutte parallele e ortogonali per caso? Forse il Central Park si è generato spontaneamente? Lasciamo perdere … . L’urbanistica americana degli anni ’60 è ricca di retini e di dettagli almeno quanto la nostra, e interventi infrastrutturali ex post per ovviare ai danni creati dalla scarsa pianificazione precedente mostrano appunto come questa serva (si potrebbero citare centinaia di casi simili di altre importanti città straniere, mentre francamente non mi viene in mente neanche un caso dove una città moderna, efficiente e bella sia esito di “assenza di pianificazione”).

Penso anche che i centri storici italiani siano stati salvati dalle norme rigide imposte da tanti piani (avete presente le devastazioni che sono state fatte negli anni ’50 in assenza di piani e con “le sole norme del codice civile”?). Penso anche che se è stata assorbita l’ondata migratoria degli anni ’60 e se si è ovviato al drammatico problema della domanda abitativa, è stato anche perché c’erano piani apposta (e infatti negli ultimi anni il problema è tornato ad acuirsi proprio perché i piani non trattano il problema).

Poi per carità un sacco di piani urbanistici sono fatti da cani e creano più danni che altro, giusto non divinizzarli troppo (ma nemmeno demonizzarli, è sempre il solito pendolo in cui si passa da un estremo all’altro senza fermarsi mai nel giusto mezzo – e spesso gli apostati sono i più incattiviti). Il PGT di Milano ad esempio è effettivamente una scatola vuota fatta male e priva di idee (l’unica – che era quella di diminuire i prezzi delle case aumentando l’offerta – non ha avuto esito perché i meccanismi attuativi hanno portato alla tesaurizzazione dei diritti edificatori – ma era facile da prevedere).

Suggerisco insomma un approccio più pragmatico: alcune cose servono, altre no. Ma questa idea che le cose funzionerebbero bene da sole mi sembra proprio nulla di più che un bel sogno accademico.

 

Andrea Vitali

 



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