14 giugno 2010

CACCIA AL SINDACO DI MILANO: CACCIA ALTA O CACCIA BASSA?


 

I cacciatori chiamano “caccia alta” la caccia agli animali di grande taglia in montagna – cervi, caprioli, stambecchi) e caccia bassa ai pennuti. La caccia a un sindaco per Milano è caccia “alta” o caccia “bassa”? Stiamo tutti cercando un candidato “alto” già carico di notorietà e fama o pensiamo a un sindaco “basso”, forse un outsider che mostri capacità nascoste e note solo a pochi intimi (quelli che lo propongono)? Non si è capito ancora e nel frattempo tutti i gruppi o le organizzazioni che costituiscono la rete sociale di Milano si stanno dando un gran daffare: riunioni più o meno carbonare, convegni a tema sui problemi della città, dibattiti sul futuro. Gli argomenti non mancano, anche se a tenere banco sono primi il PGT e l’Expo 2015. Le ultime vicende di corruzione e maleducazione (per essere gentili) assessorile fanno un bel contorno.

In tutto questo movimento ad un primo colpo d’occhio emerge un dato particolare: tutti si muovono, più a sinistra che a destra ma certo trasversalmente, con un obbiettivo: costringere i partiti a scegliere un candidato che non rispecchi le loro ben note logiche spartitorie e che abbia nel suo DNA un’insopprimibile ripugnanza per il vecchio modo di fare politica. La fiducia nei partiti, tutti i partiti, non ha mai raggiunto un livello così basso. Dal punto di vista della percezione gli ultimi sondaggi ci dicono anche che il filone “paura” (dei diversi, degli immigrati) sta perdendo di appeal sostituito dal filone “occupazione” (il posto in forse, il reddito incerto, l’avvenire dei figli …).

Questo diverso orientamento avrà i suoi effetti anche nella scelta del nuovo sindaco di Milano. “Alto” o “basso” che sia, il problema della sua scelta è veramente difficile perché guardando di qua e di là del crinale che divide la società civile da quella politica, non si vedono personalità emergenti o, ancor peggio, se si vedono sono quelli che potremmo definire i più adatti a declinare per primi la proposta di farsi carico di competere per il posto di primo cittadino. Sino ad oggi una ragione può essere che sui primi nomi fatti si è già aperto il tiro al bersaglio – come sempre – e soprattutto quello che intriga è la maliziosa analisi degli interessi che andrebbe a coprire. Il mito di un uomo al di sopra delle parti è del tutto scomparso, qualcuno che equilibratamente tuteli tutti i cittadini sembra proprio non ci possa nemmeno essere.

Questo già di per sé è la sconfitta di una città, perche dimostra quanto essa sia percorsa da interessi contrastanti e da poteri più o meno forti (oggi fortissimi nel far pagare alla collettività i suoi errori, soprattutto in materia economica), senza possibilità di ragionevoli mediazioni ma destinata a vedere una parte di sé prevalere pesantemente sull’altra. Restano sul tavolo gli altri due problemi: la squadra e il programma. Governare una città è divenuto ormai un problema con una forte componente di sapere tecnico e giacché non esiste da noi la consuetudine dello spoil system (mandare a casa dirigenti politicamente non affini per sostituirli con altri), la squadra del sindaco dovrebbe essere fatta da persone che abbiano competenza rispetto agli ambiti che saranno chiamati a gestire per delega: un sindaco prevalentemente politico con assessori fortemente tecnici. Sindaco e squadra dovranno condividere il programma.

Tutto questo, l’astratto mondo perfetto, necessità vuole si debba trasformare inevitabilmente solo nel migliore dei mondi possibile, per ora abbiamo avuto il peggiore. Un buon punto di risalita.

 

LBG



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