2 novembre 2009
Milano non è mai stata una città “tenera” verso i suoi cittadini, non lo è stata mai in tutta la sua storia: nei momenti migliori è stata più giusta che buona. Oggi è anche ingiusta. La sorte dei portatori di handicap è affidata a un sentimento che va di là dalla “giustizia” per diventare partecipazione e solidarietà. ATM in questi giorni ha presentato il suo manuale dell’utente portatore di handicap. Il discorso che il presidente Elio Catania ha fatto nel presentarlo era più imperniato sulla posizione di ATM nella classifica delle società di trasporto pubblico attente alle disabilità che non al problema della disabilità stessa e noi nel guardare all’azienda di trasporto milanese siamo sempre scettici perché tra i dati che comunica e la realtà, spesso c’è un abisso: l’abisso della manutenzione.
L’ultima campagna pubblicitaria di ATM imperniata sulla figura dei suoi dipendenti non può che essere il suggerimento, sbagliato, di un esperto di comunicazione e immagine. Molti si sono domandati se tra tutte le spese necessarie, la campagna promozionale di un’azienda di servizio pubblico in regime di monopolio abbia una qualche ragione. Ma verso i disabili anche l’atteggiamento del Comune solleva molte perplessità e si mescola inevitabilmente con il tema dell’arredo urbano.
Rendere una città amichevole nei confronti di chi ha problemi di mobilità non è poi così difficile ma richiede di nuovo un atteggiamento protettivo vero più che non il semplice ossequio a norme di legge e regolamenti. Certo gli scivoli per carrozzelle ci sono ma non servono solo alle carrozzelle: servono anche a chi fa fatica a salire il gradino dei marciapiedi o alle mamme col passeggino. Se quando piove la maggior parte degli scivoli si trasforma in una pozzanghera siamo da capo, non va bene anche se la legge di questo aspetto non ne fa menzione. Se, finalmente approdati al marciapiede, questo è ingombro di automobili o le biciclette legate alla selva di pali che infestano Milano (che ne è del piano di depalificazione di De Corato?) ne ingombrano il passo, cosa dobbiamo dire? Sempre la stessa cosa: l’attenzione ai meno fortunati non è solo regolamento.
Anche i provvedimenti che sono stati presi per ridurre le soste sui marciapiedi o sulle aiole sparti traffico sono discutibili: paletti di tutte le fogge e materiali e doppio gradino. I paletti hanno due inconvenienti: sono un ingombro fisico oltreché visivo e richiedono manutenzione perché lo sport dei milanesi, soprattutto quelli dotati di SUV, è il loro abbattimento. Paletti e doppi gradini hanno trasformato la città in un immenso “flipper” dove ci muoviamo come palline impazzite e la percezione che ne abbiamo è quella di uno spazio labirintico che invece di generare sicurezza costringe a una cautela da esploratori. Il discorso sull’arredo urbano è infinito e va dalla proliferazione dei semafori, questo sì un record rispetto ad altre città italiane, ai pali dei quali abbiamo già troppo parlato, alle mille fogge delle fioriere che proteggono il dehors dei bar e curiosamente i marciapiedi antistanti alcune case di lusso, ai cartelli segnaletici e alle indicazioni stradali.
Tutti questi elementi che si sommano alle centraline telefoniche, ai cestini dei rifiuti, ai raccoglitori di vetri e abiti usati fanno di Milano una città disordinata: anche questo è “sporco” che deturpa, non solo le cartacce, i mozziconi di sigaretta che sono il segno territoriale dei fumatori espulsi, o le foglie secche. Tra i tanti “stati generali”, divenuti ormai una sorta di appuntamento fisso della città, facciamone anche un’edizione dal titolo “Stati generali delle piccole cose”, quelle che non danno gloria, che non si annunciano in conferenza stampa, che non hanno nastri da tagliare né premier in visita lampo a stringere mani. Sono la qualità della vita urbana.
LBG